Assegnazione della casa al fratello del boss. Il gip archivia l’inchiesta per il senatore Marti

Il giudice ha accolto le conclusioni dei pm che ritenevano come in assenza dell’autorizzazione del Senato sull’utilizzo delle intercettazioni non era possibile andare avanti.

Dopo la decisione della Giunta delle immunità parlamentari del Senato che ha detto no all’utilizzo delle intercettazioni del senatore Roberto Marti con gli ex assessori comunali Attilio Monosi e Luca Pasqualini, nell’ambito dell’inchiesta “case popolari”, la Procura chiede ed ottiene l’archiviazione del procedimento. Difatti, nelle scorse ore, il gip Alessandra Sermarini ha emesso l’apposito decreto, sulla scorta delle conclusioni dei pm che ritenevano come in assenza dell’autorizzazione del Senato sull’utilizzo delle intercettazioni non era possibile andare avanti.

La Giunta aveva concluso che potevano essere utilizzati solo quei sette messaggi intercorsi tra Marti ed il “collettore di voti”, Rosario Greco. Dunque solo quelle intercettazioni ritenute “fortuite e casuali”. La Giunta, di fatto, ha ritenuto che le intercettazioni con i politici dovevano essere autorizzate preventivamente e che l’ascolto delle conversazioni tra Monosi o Pasqualini e il parlamentare Marti era pienamente prevedibile e non era casuale né fortuito.

La decisione della Giunta delle immunità parlamentari del Senato è arrivata nell’aprile dello scorso anno, al termine della seduta, dopo la votazione della proposta conclusiva, del relatore, l’avvocato Meinhard Durnwalder, 45 anni, di Bolzano, tesoriere del gruppo per le Autonomie (Supp, Patt, Uv).

Si è trattata di una decisione in linea, con quanto sostenuto dai difensori di Roberto Marti, gli avvocati Giuseppe e Pasquale Corleto, già nel corso della camera di consiglio dinanzi al gip Giovanni Gallo.

Ricordiamo che, con una nota del 29 settembre scorso indirizzata alla Presidenza del Senato, il gip Gallo pur prendendo atto della decisione, sosteneva che dovesse essere la Camera dei Deputati e non il Senato ad occuparsi della posizione di Marti, affermando: “la competenza a decidere su una istanza di autorizzazione alla utilizzazione delle intercettazioni deve essere propria della Camera alla quale apparteneva il parlamentare al momento della commissione dei fatti (e della avvenuta intercettazione)”.

Le accuse

Il Senatore della Lega Roberto Marti rispondeva delle accuse di tentato abuso di ufficio, falso ideologico aggravato e tentato peculato, in concorso con altri imputati “eccellenti”.

Dopo la chiusura dell’inchiesta Estia, la sua posizione risultava “stralciata”, come disposto dai pubblici ministeri Massimiliano Carducci e Roberta Licci.

Sotto la lente d’ingrandimento della Procura era finita la vicenda del pagamento dell’alloggio presso un B&B e poi l’assegnazione di un immobile confiscato alla mafia. Destinatario di questo “trattamento di favore” il fratello di un boss.

Il processo con gli altri imputati

Prosegue intanto dinanzi al giudice della seconda sezione collegiale (Presidente Pietro Baffa), il processo “Estia” sulle presunte assegnazioni illecite di alloggi popolari, in cambio di voti.
Sul banco degli imputati compaiono, tra gli altri, gli ex assessori Attilio Monosi e Luca Pasqualini e l’ex vice presidente del consiglio comunale, Antonio Torricelli.