Tutto ruota intorno ad un cellulare che passava di mano in mano tra i componenti di un gruppo criminale, capitanato da Alessio Fortunato, 32enne volto noto alle cronache locali e considerato vicino alla Sacra Corona Unita del clan Notaro. Il numero telefono, intestato ad un ignaro cittadino come spesso è accaduto in altri casi, serviva per ricevere le ordinazioni da chi voleva acquistare cocaina, a volte (ma più raramente) anche eroina. Chi riceveva l’ordine aveva il compito di smistare la richiesta agli spacciatori che, a loro volta, accontentavano le diverse esigenze.
Un sistema «a cascata», come lo ha definito il comandante del Reparto operativo, il colonnello Saverio Lombardi, messo in piedi dal sodalizio per soddisfare un numero impressionante di richieste, fino a cento al giorno, e coprire interamente il triangolo compreso tra Trepuzzi, Campi Salentina e Squinzano. Non a caso, l’operazione che ha portato all’arresto di nove persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico e alla detenzione ai fini dello spaccio di sostanze stupefacenti, è stata denominata «staffetta». Altre 23 persone, con un ruolo minore, sono state indagate a piede libero.
Un meccanismo semplice quanto ingegnoso quello architettato dal clan che riusciva a gestire la mole degli acquirenti memorizzandoli sulla rubrica con uno pseudonimo, utilizzando il numero di tarda, richiamando una particolarità fisica o con un riferimento diretto o indiretto ad amici o conoscenti. In nessun caso è stato utilizzato il vero nome degli assuntori. Nonostante l’apparente difficoltà nella gestione, tutte le richieste di cocaina sono state sempre soddisfatte. Merito anche di un altro stratagemma utilizzato: quello di “ruotare” anche le auto, per evitare controlli o destare sospetti al momento della consegna che avveniva sempre in zone periferiche e poco frequentate dei comuni interessati. Circa venti quelle utilizzate, in alcuni casi prese in prestito, in altri intestate a familiari o conoscenti.
Alla scoperta si è arrivati quasi “per caso”. Si può dire che tutto sia nato dopo la rocambolesca fuga di Fabio Perrone dall’ospedale ‘Vito Fazzi di Lecce’. Tra le numerose intercettazioni telefoniche, finalizzate a trovare qualche indizio utile ai militari per scoprire il nascondiglio del fuggitivo Triglietta, gli investigatori hanno notato un’utenza telefonica che ricorreva spesso. Era il “cellulare di servizio” utilizzato, come detto, per gestire un vorticoso giro di spaccio. La conferma ai sospetti è arrivata dalle dichiarazioni degli assuntori ‘fermati’ in questi mesi.
A finire nei guai, oltre ad Alessio Fortunato già ristretto in carcere, sono: un 24enne di Squinzano, Alberto Mangeli, detto “Roberto”, 50enne di Squinzano raggiunto nel reparto di malattie infettive dell’ospedale di Brindisi, dove era ricoverato, Fabrizio Mangeli, 48enne di Squinzano, Fausto Poso, 32enne di Squinzano, un 32enne di Trepuzzi, Georgia Bagordo, 21enne di San Pietro Vernotico, incensurata e finita ai domiciliari perché all’ottavo mese di gravidanza e il compagno Marco Rapanà, 29enne di Squinzano considerato il braccio ‘armato’, il collaboratore più stretto di Fortunato insieme al fratello Raffaele che ha tentato la fuga dal retro durante il blitz. Nell’abitazione di Rapanà, ufficialmente disoccupato, è stato trovato un sofisticato impianto di videosorveglianza del valore ci circa 10mila euro che gli ha permesso di accorgersi dell’arrivo dei Carabinieri. Il tentativo è stato vano tant’è che è stato acciuffato subito. Proprio in casa sua, durante il controllo, sono stati trovati anche più di mille euro in contanti.
Nell’operazione “Staffetta”, come detto, risultano indagate altre 23 persone, ritenute responsabili – a vario titolo – dei reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico, detenzione ai fini dello spaccio di sostanze stupefacenti nonché favoreggiamento personale nei confronti degli assuntori reticenti. Si tratta dei singoli spacciatori.
Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state emesse dal gip Simona Panzera su richiesta del pubblico ministero Maria Rosaria Micucci.