Condannato in primo grado per usura, assolto in appello ‘perché il fatto non sussiste’

Un 50enne di Nardò, condannato in primo grado a quattro anni per usura è stato assolto in appello. Secondo i giudici “Il fatto non sussiste”

Condannato in primo grado per usura. Assolto in appello perché il fatto non sussiste. La corte di Appello – presieduta da Nicola Lariccia e composta dai consiglieri Domenico Toni e Antonia Martalò –  ha assolto nell’udienza del 13 maggio 2019 Giuseppe Calignano, 50enne di Nardò accusato di aver ‘prestato’ ad un agente di commercio suo concittadino del denaro (circa 10mila euro), chiedendo poi la restituzione della somma concessa con interessi superiori al 300 per cento. Per ottenere quanto dovuto, secondo l’accusa, avrebbe costretto la sua presunta vittima a mettere in scena un incidente stradale per pagare i debiti con i soldi dell’assicurazione.

“Il fatto non sussiste” secondo i giudici che hanno ribaltato la sentenza del 17 giugno 2016 con la quale la Prima Sezione Collegiale del Tribunale di Lecce aveva condannato l’assicuratore alla pena di quattro anni di reclusione e ottomila euro di multa. Non solo, l’uomo era stato interdetto dai pubblici uffici per cinque anni e costretto a risarcire la presunta vittima, un commerciante quarantacinquenne di Nardò, ma residente a Lecce, in favore del quale, intanto, era stato disposto il pagamento di una provvisionale di 5mila euro.

L’imputato, difeso dagli avvocati Giuseppe Bonsegna e Lucio Calabrese, aveva sempre sostenuto di aver concesso, nel 2008 e 2009, prestiti a titolo gratuito all’amico commerciante, rimettendoci anche soldi che, per fortuna, gli erano stati restituiti dai parenti della presunta vittima.

La difesa ha sostenuto l’inattendibilità della parte civile, anche perché le indagini, condotte dai Carabinieri di Lecce e Nardò, non erano state confortate né da riscontri documentali né dalla documentazione bancaria acquisita e valutata anche dai consulenti tecnici.

Il P.G. Giovanni Gagliotta e il difensore della parte civile, l’avvocato Giovanni Colomba, avevano chiesto la conferma della sentenza che, invece, è stata completamente riformata.



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