Morì al “Vito Fazzi” dopo un intervento chirurgico, assolti quattro medici dell’ospedale leccese

Il giudice monocratico Annalisa De Benedictis ha ritenuto i “camici bianchi” non colpevoli di omicidio colposo, “perché il fatto non sussiste”.

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Si conclude con l’assoluzione di quattro medici del “Vito Fazzi”, il processo sul decesso di una professoressa di Padova, morta per una presunta colpa medica.

Il giudice monocratico Annalisa De Benedictis ha ritenuto, con formula piena, i “camici bianchi” non colpevoli di omicidio colposo, “perché il fatto non sussiste”. Anche il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone ha invocato l’assoluzione per tutti gli imputati.

I medici erano assititi dagli avvocati Roberto Rella e Massimo Manfreda. Il dibattimento si è incentrato sulle relazioni dei periti che avrebbero “scagionato” i medici; per la difesa, i consulenti erano Alberto Tortorella, Nicola Brienza e Massimo Federico.

I famigliari della Professoressa Clelia Fiore erano difesi dall’avvocato Dajana Minelle del Foro di Padova ed avevano chiesto un maxi risarcimento dei danni.

Si è giunti al processo, dopo l’imputazione coatta disposta dal gip Michele Toriello che aveva accolto la richiesta di opposizione all’archiviazione dei familiari dell’anziana docente.

L’87enne professoressa padovana Clelia Fiore, anche lei medico con cattedra universitaria, morì presso il “Fazzi” di Lecce, il 4 giugno del 2013, dopo un intervento di mastectomia (asportazione chirurgica di una mammella, su donne colpite da tumore al seno o ad alto rischio di svilupparlo). Il giudice Toriello, pur ritenendo che l’intervento chirurgico fosse correttamente riuscito, ha accolto alcune delle motivazioni presentate dai consulenti di parte, in merito alle fasi pre e post-operatorie. Inoltre, i periti ritenevano che l’intervento chirurgico al quale venne sottoposta l’anziana signora fosse assolutamente sconsigliato, considerando l’età ed il fatto che era affetta da altre patologie.



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