Assolti con formula piena, “perché il fatto non sussiste”, i due titolari dello Spinnaker Lounge Bar di Otranto. La decisione del giudice Fabrizio Magnino del Tribunale Monocratico Penale di Lecce scrive la parola fine su una querelle che, da anni, ‘accende’ le notti nella cittadina che si affaccia sul mar adriatico. E non è di poco conto, dato che le polemiche legate alla movida estiva si ripropongono ad ogni stagione in quasi tutte le città, Lecce compresa, dove il divertimento sembra proprio non far rima con il riposo.
A processo i fratelli Stefano e Massimiliano Cantoro, difesi dallo Studio Legale Finocchito & Partners, ci erano finiti dopo la denuncia presentata da nove residenti nel centro storico, evidentemente ‘infastiditi’ dalle serate organizzate dal lounge bar (e non solo). E ci erano finiti in qualità di co-amministratori della società proprietaria del noto locale del centro storico a pochi passi dalla Torre Matta.
Chi frequenta i bellissimi vicoli della cittadina della prima alba sa bene che la passeggiata panoramica del Bastione dei Pelasgi, il tratto che dal Castello conduce al Lungomare degli Eroi, di notte si ‘anima’ di giovani e turisti che scelgono il Salento per trascorrere le vacanze. Soprattutto d’estate, complice anche il panorama mozzafiato.
Eppure quel luogo dello “struscio” – così chiamato per il via vai tra i locali notturni di successo tra cui il Maestrale, il Batik e, per l’appunto, lo Spinnaker – era finito sotto accusa. Era diventato, infatti, il terreno di scontro tra il sacrosanto diritto al riposo dei residenti del centro storico e quello, altrettanto meritevole di tutela, degli operatori che offronto il ‘divertimento’, quel tipo di svago che non guarda l’orologio.
In medio stat virtus, recita un noto proverbio popolare. Così si è cercato di fare anche a Otranto. Per trovare un «compromesso» tra due posizioni apparentemente inconciliabili, l’Amministrazione Comunale ha predisposto e approvato un Piano di zonizzazione e risanamento acustico del territorio comunale, con il quale sono stati stabiliti i limiti massimi di emissione sonora per ciascuna zona della città.
Non è bastato a zittire le “lamentele” provenienti dalle due anime in guerra. I proprietari dei locali hanno considerato i divieti troppo restrittivi. Secondo i residenti, viceversa, era stato concesso ancora tanto, “troppo”. Così, con apposita ordinanza, il Comune aveva stabilito, da un lato, che le riproduzioni musicali dei locali di somministrazione dovessero mantenersi, di regola, a livello di musica di sottofondo prevedendo, tuttavia, la possibilità di una serie di deroghe per vere e proprie serate di intrattenimento. Eventi, con riproduzioni sonore a volumi più sostenuti, in alcuni giorni della settimana, da concordarsi previa richiesta di autorizzazione da presentarsi di volta in volta all’ufficio tecnico comunale e con obbligo di segnalazione alla Questura, comunque subordinate a limiti di decibel a seconda degli orari.
Neppure questo ha acquietato le polemiche, soprattutto da parte dei residenti nelle zone più sensibili che, durante le serate, hanno continuato a tempestare le forze dell’ordine di telefonate e richieste di interventi, convinti com’erano che la musica dei locali andasse oltre la normale tollerabilità, disturbando il loro riposo.
Nessun disturbo della quiete pubblica
Il processo è l’epilogo di questa annosa questione, che ha tratto – come detto – origine dalla denuncia sporta da nove residenti nel centro storico che, con l’ausilio di una perizia fonometrica “a sorpresa” commissionata ad un tecnico di loro fiducia, avevano trascinato in Tribunale i due fratelli Cantoro chiedendone la condanna per violazione dell’art. 659 c.p. che tutela il disturbo della quiete pubblica.
I due fratelli, assistiti dall’Avv. Mauro Finocchito, si sono difesi contro i denuncianti, costituitisi parti civili, e contro il pubblico ministero, che ne aveva chiesto il rinvio a processo, con vari argomenti. Anzitutto, hanno affermato di avere rispettato il valore limite di emissione fissato dai provvedimenti comunali, entro i quali deve presumersi la legalità della loro azione. In secondo luogo, hanno censurato la “non scientificità” del metodo di misurazione adottato dalla perizia commissionata dalle parti civili ed hanno prodotto nel processo una controperizia per dimostrarlo.
Per concludere, insomma, il “riposo disturbato” di qualcuno non è stato considerato disturbo della quiete pubblica. Da qui, la decisione del Tribunale di assolvere entrambi gli imputati con la formula piena.
