Ridotta in schiavitù e costretta a prostituirsi. Due bulgari condannati a 24 anni di reclusione

L’operazione, denominata Robinia, schiava nella traduzione dal bulgaro, venne condotta, nel mese di ottobre del 2014 dai militari della Compagnia dei Carabinieri di Maglie.

Erano accusati di aver comprato una connazionale dal suo Paese, condurla in Italia e ridurla in schiavitù, facendola prostituire per tutta la giornata.

Con l’accusa di riduzione in schiavitù, la Corte d’Assise (Presidente Pietro Baffa, a latere Francesca Mariano e giudici popolari) ha condannato a 12 anni ciascuno: Tsvetanov Tsvetan, 47enne e Aleksandar Georgiev, 34enne, entrambi bulgari.

Sono difesi dagli avvocati Alberto Corvaglia e Antonio De Lorenzo e potranno presentare ricorso in Appello. In precedenza, il pm Carmen Ruggiero aveva invocato la stessa condanna.

Le indagini

L’operazione, denominata Robinia (letteralmente schiava nella traduzione dal bulgaro), venne condotta, nel mese di ottobre del 2014 dai militari della Compagnia dei Carabinieri di Maglie.

Furono fermati e arrestati tre cittadini bulgari che avevano articolato un’intensa rete di attività illegale mirata allo sfruttamento di alcune ragazze dalle quali riuscivano a guadagnare almeno 250 euro a testa.

I tre, si erano resi responsabili, tra le altre cose, di riduzione in schiavitù nei confronti di una giovane bulgara. La svolta arrivò quando ella denunciò di essere stata comprata qualche giorno prima in Bulgaria da tre connazionali per circa 800 euro e poi di essere stata costretta a prostituirsi nel Salento. La rete di conoscenze nella comunità bulgara e l’utilizzo di alcuni social network, però, permise ai tre aguzzini, che avevano acquistato la donna, di scoprire che la mattina del 12 ottobre, sarebbe ripartita per la Bulgaria. Considerandola a tutti gli effetti un “oggetto di loro proprietà” i tre decisero di organizzarsi per andare a riprenderla.

La vittima venne rintracciata mentre era in attesa di partire per far rientro in patria. Una complice dei due bulgari viene bloccata dai militari, presso la stazione di Lecce. E non riuscendo più ad avere contatti con quest’ultima, abbandonò l’auto nelle campagne di Squinzano e fuggirono a piedi. I militari, coadiuvati dai colleghi di Tricase, dopo aver avuto la conferma della presenza dei due soggetti bulgari a Presicce, la mattina successiva, fecero irruzione all’alba nella loro casa proprio mentre si stavano preparando per lasciare il territorio. I due bulgari, che prima avevano tentato di fuggire in tutti i modi (anche dai tetti), vennero così bloccati e sottoposti al fermo.