Francesco Anniballi, la strana morte della faccia da schiaffi del cinema

È il 27 gennaio 1992 quando Francesco Anniballi, in arte “Francescone”, viene ucciso sotto casa da un assassino senza volto e senza nome.

Francesco Anniballi

Francesco Anniballi, per tutti Francescone, era «l’incassatore» perfetto, come viene chiamato nel gergo cinematografico chi ha il ruolo di incassare i colpi. Di sberle nella sua carriera ne aveva prese tante, con quella faccia da bonaccione e il fisico da “energumeno” romano. Resta indimenticabile la scena con Vittorio Gassman ne «I nuovi mostri», quando si becca un sonoro ceffone a mano aperta sulla guancia sinistra. Lui, che interpretava un parrocchiano comunista, non fa una piega. Si accarezza la guancia e sussurra «Tacci tua…».

Aveva 51 anni, alle spalle una carriera di tutto rispetto come attore, stuntman, controfigura di Bud Spencer e segretario di produzione, quando fu ucciso sotto casa, da un killer rimasto senza volto e senza nome. L’omicidio di Francescone sarà destinato a diventare un cold-case, un mistero archiviato tra i faldoni dei delitti irrisolti.

Sei Francescone? E gli sparano

Per capite, tocca riportare le lancette dell’orologio al 27 gennaio 1992. Mancava qualche minuto alle 8.00, quando Anniballi chiude la porta del suo appartamento a Centocelle e scende in strada per buttare la spazzatura. Stringeva ancora il sacchetto tra le mani, quando sente una voce alle spalle. «Sei tu Francescone?», domanda uno sconosciuto. Lo chiamò proprio come erano soliti fare tutti. Non era un ammiratore in cerca di un autografo come ricordo: il volto coperto da un cappuccio scuro calato sul viso non promette nulla di buono. L’attore, notando la pistola puntata contro di lui, capisce di non essere sulla scena di uno dei tanti film e scappa, ma la corsa per mettersi al sicuro non servirà a nulla. Riesce a dire solo “Grazie’, corri, m’hanno ammazzato”. Raggiunto dai proiettili, morirà poco dopo in ospedale mentre il killer faceva perdere le sue tracce al volante di una Renault 4 bianca.

Nel giro di pochi minuti la notizia della morte di Francescone raggiunge Cinecittà, lasciando di stucco chi lo conosceva. Chi poteva volere la morte di un «pezzo di pane», un uomo buono e benvoluto da tutti? In mano agli uomini in divisa c’era ben poco: solo la Renault 4 notata in via Marcio Rutilio. Niente targa, nessun testimone e soprattutto nessuna pista da seguire. L’unica più verosimile era quella della lavorativa.

«Francescone», che aveva conquistato la popolarità recitando il ruolo del figlio di Nino Manfredi in “Brutti e sporchi e cattivi”, poteva aver pagato con la vita il suo ruolo dietro le quinte. In quegli anni si occupava di selezionare le comparse, scelte quasi sempre tra la gente comune, senza badare troppo alla fedina penale. Forse aveva avuto una lezione esemplare per un «no» pronunciato in buona fede, per esigenze di copione?

Alla fine le indagini si fermarono davanti ai vicoli ciechi, nessuna strada intrapresa aveva condotto al killer e sull’omicidio di Francescone che aveva occupato le prime pagini dei giornali calò in silenzio, offuscato da altri delitti celebri che insanguinarono la Capitale negli anni ’90. C’era stato l’omicidio di Simonetta Cesaroni, in via Poma. Ci sarebbe stato quello dell’Olgiata o del detective al binario 10 della stazione Ostiense. Ma il delitto di via Marcio Rutilio, stranamente, non fu neanche inserito nella lista del cold case continuamente riproposta dai giornali, ogni volta che se ne aggiungeva uno nuovo.



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