Feto nascosto nell’armadio: chiesta riduzione della pena per sorella e cognato della giovane mamma

Nel corso del processo di Appello, il sostituto procuratore generale ha chiesto la condanna a 5 anni per entrambi gli imputati.

La Procura generale invoca una riduzione della pena per la sorella ed il cognato della giovane mamma che nascose il feto del proprio bimbo, privo di vita, nell’armadio.

Dinanzi ai giudici della Corte d’Assise di Appello (Presidente Vincenzo Scardia, a latere Eva Toscani), presso l’Aula Bunker di Borgo San Nicola, il sostituto procuratore generale Salvatore Cosentino ha, infatti, chiesto la condanna a 5 anni per entrambi. La Procura si è appellata alla “dirimente” del reato di infanticidio che riconosce agli imputati di avere commesso il fatto per aiutare la madre del nascituro.

Invece, in primo grado, il sostituto procuratore Donatina Buffelli chiese la condanna a 15 anni, sostenendo che gli imputati “decisero di nascondere la gravidanza e impedire la nascita del bimbo”. In seguito la Corte d’Assise li condannò alla pena di 14 anni e 6 mesi.
Entrambi rispondono delle ipotesi di reato di “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale” e “occultamento di cadavere”, in concorso con la madre, 17enne all’epoca dei fatti.

La sorella ed il cognato della giovane mamma sono assistiti rispettivamente dai legali Paolo Spalluto e Maurizio Scardia. Quest’ultimo ha chiesto l’assoluzione per il proprio assistito, ritenendo insufficienti e contraddittorie le prove a suo carico.

Nella prossima udienza del 18 novembre, prenderà la parola l’avvocato Spalluto e successivamente è prevista la sentenza.

La giovane mamma, invece, nei mesi scorsi, nel corso dell’udienza preliminare presso il Tribunale dei Minorenni, ha ottenuto la messa alla prova per 1 anno e 2 mesi e potrà scontare la sua pena, estinguendo il reato.

L’inchiesta

Non è “caduto” il grave capo d’accusa d’infanticidio, nonostante l’esito dell’autopsia. Il medico legale Ermenegildo Colosimo, infatti, ha stabilito che il corpicino era senza vita, con il cordone ombelicale di circa 80 cm, annodato intorno al collo, quando la giovane madre ha partorito all’interno della casa alla periferia di Squinzano.

La Procura, dunque, ha contestato il reato di infanticidio, “versando la minore in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto”.

Il medico legale, inoltre, ha prelevato un campione di tessuto per un eventuale esame del Dna (se fosse necessario), al fine di risalire all’identità del padre della bimba.

Il feto privo di vita di sesso maschile, nascosto nell’armadio, venne rinvenuto nel febbraio del 2017. Ricordiamo che secondo l’accusa, la mamma, all’epoca 17enne, avrebbe occultato il corpicino del suo bambino, dopo averlo avvolto in una busta di plastica e richiuso in una borsa.



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