Morte madonnaro. Il gip conferma il carcere per il 23enne senegalese. Dubbi sull’omicidio preterintenzionale

Secondo il giudice che ha convalidato il fermo appare più corretta la qualificazione del reato di morte come conseguenza di altro reato.

Il giudice convalida il fermo e conferma il carcere per Mamadou Lamin, ma esprime perplessità sull’ipotesi di omicidio preterintenzionale avanzata dalla Procura, nell’inchiesta sulla morte del madonnaro Leonardo Vitale. Il gip Alessandra Sermarini, nelle 8 pagine di ordinanza, ritiene che vi siano le esigenze cautelari dettate dal pericolo di fuga del 23enne senegalese “soggetto privo di occupazione e senza fissa dimora fin dal suo ingresso in Italia, da circa dieci anni“. Inoltre, sostiene che vi sia il rischio di reiterazione del reatopoiché Lamin è dedito all’alcol e per l’effetto all’uso della violenza, come confermato dal precedente di resistenza a pubblico ufficiale“.

Il giudice, inoltre, ritiene che ci siano i gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di rapina aggravata, visto che Lamin “animato dall’intento di derubare Vitale, esercitava violenza consistita nello strattonare il trolley, del quale si voleva impossessare….non cedeva nell’azione di sottrazione malgrado le urla dell’anziano e la sua richiesta di essere lasciato stare, fino a cadere entrambi per terra, per l’effetto determinando, seppur involontariamente la morte del Vitale”.

Invece, secondo il giudice, appare più corretta la qualificazione dell’accusa di morte come conseguenza di altro reato e non quella di omicidio preterintenzionale. Infatti, sostiene il gip: “L’opera di trascinamento a terra da parte del Lamin della vittima non appare così ovvia, non è stata oggetto di riscontro, tale per cui si è allo stato alla presenza di uno strattonamento del carrello, pur continuato, all’esito del quale il Vitale, pure ubriaco e con equilibrio precario, cadeva in terra e sbatteva la testa in modo fatale”.

Il giudice ritiene, dunque, credibile quanto riferito dal 23enne senegalese, in sede di interrogatorio.

Come riportato in un altro articolo (leggi qui), Lamin ha ribadito in lacrime di non avere colpito il madonnaro e di avere appreso della sua morte dai poliziotti. Il giovane, assistito di fiducia dall’avvocato Maurizio My, ha confessato la rapina e ha chiesto scusa alla famiglia di Leonardo Vitale, ma ha dichiarato che non voleva ucciderlo. Ed anche l’autopsia non ha ancora chiarito la dinamica della rapina, poi sfociata nel sangue. Una forte emorragia cerebrale ha causato il decesso del madonnaro, come appurato dal medico legale Alberto Tortorella. Sarà l’esito della Tac, però, a chiarire se Vitale sia stato colpito in testa o se sia caduto nel corso di una colluttazione, battendo il capo.

Lamin risponde dell’accusa di omicidio preterintenzionale con l’aggravante della minorata difesa della vittima e rapina aggravata, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Giorgia Villa e condotta dagli agenti della Squadra Mobile di Lecce, diretti dal Vicequestore Alessandro Albini.

 



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