Nessun maltrattamento ai danni della cugina malata: tutti assolti

Oltre a P.P. assolti anche C.C. e V.C. di Squinzano. La denunciante era una 66enne di Trepuzzi, cugina dell’imputata, quest’ultima affetta da ischemia bulbare. Il fratello si era costituito parte civile al processo. La donna è deceduta sola a casa.

Nessun maltrattamento o minaccia di cacciare di casa la cugina malata qualora quest’ultima non gli avesse donato una sua abitazione. Una presunta, torbida, vicenda di soprusi in ambito familiare si conclude con l'assoluzione dei tre imputati "perché il fatto non sussiste". Il giudice Marcello Rizzo della seconda sezione penale in composizione monocratica ha ritenuto non colpevoli : la 68enne P.P.( il vpo aveva chiesto 2 anni e 6 mesi); C.C., 73enne e V.C., 47anni ( invocati 2 anni e 2 mesi), di Squinzano, dei reati di maltrattamenti in famiglia, sequestro di persona e di circonvenzione d'incapace. La denunciante era una 66enne di Trepuzzi, cugina di P.P., affetta da ischemia bulbare ed Il fratello costituitosi parte civile al processo con l'avvocato Andrea Sambati.
 
La donna è deceduta sola a casa , con un piatto lasciato sul davanzale, quattro anni fa. Secondo l'ipotesi accusatoria, formulata dal pm Carmen Ruggiero, titolare dell'inchiesta, fino a gennaio 2009, P.P., C.C. e V.C. avrebbero approfittato dello stato d'infermità della vittima;  l'avrebbero indotta, inizialmente con la promessa di amorevoli cure e poi con la minaccia di mandarla via dalla loro casa, a sottostare al loro piano "truffaldino". Lei, si trovò costretta a sottoscrivere un "contratto di donazione modale" di un suo immobile del valore di 60.000 euro con riserva di usufrutto; un atto di costituzione d'ipoteca volontaria a garanzia del mutuo di 61.000 euro accordato a P.P.; sette "effetti cambiari" per una cifra di 10.600 euro in favore di una ditta d'infissi.
 
I soprusi non sarebbero terminati qui. Nei mesi successivi, la signora di Trepuzzi sarebbe stata continuamente maltrattata con frasi del tipo: "sei una rovina famiglie, sei subdola, lercia e sporca"; "sei una pazza, vai a curarti al Cim", "ti buttiamo di sotto e diciamo che ti sei suicidata, tanto sei stata alla neuro". Inoltre, le sarebbe stato tolto il telefono e impedito di ricevere visite e di disporre del denaro dalla pensione d'invalidità civile, e sarebbe stata allontanata da casa in diverse occasioni. Infine la vittima sarebbe stata segregata a casa, senza avere a disposizione le chiavi dell'abitazione.
 
In base alla tesi della difesa, poi accolta dal collegio giudicante, le cose sarebbero andate diversamente. Il legale di P.P e di C.C. e V.C ., l'avvocato Giovanni Gabellone, sostituto in aula da Vincenzo Capoti, ha infatti chiesto l'assoluzione per i suoi assistiti con formula di giustizia e in via subordinata, il minimo della pena.
 
Il difensore ha anzitutto evidenziato la mancanza del movente. Gli imputati non avevano problemi economici ed erano stati gli unici a prendersi cura della cugina. Poi i rapporti si sarebbero incrinati per questioni di convivenza, ma non per questo essi dovevano essere considerati colpevoli dei reati a loro contestati. Infatti, non ci sarebbe stata "circonvenzione d'incapace"(la consulenza del  dr. Palmariggi non evidenziò disturbi psichici) anche perché, sostiene la difesa, la signora era al corrente ed era felice di trasferirsi da Lecce, per andare alla nuova casa di  Trepuzzi.

In merito, alla "donazione", essa prevedeva l'usufrutto da parte della presunta vittima e il suo mantenimento, (oltre alle spese di ristrutturazione a carico di P.P.) dunque non si sarebbe configurato l'ingiusto profitto.
 
Infine, il legale degli imputati ritiene che sia inaccettabile parlare di "sequestro di persona", per il sol fatto che la signora non avesse le chiavi di casa.



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