Sei omicidi di mafia e tre tentati omicidi: sotto processo il pentito Dario Toma

Il 50enne di Lecce, nel corso dell’udienza preliminare di oggi, ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato.

aula-bunker-carcere

Il pentito Dario Toma finisce sotto processo per sei vecchi omicidi di mafia e tre tentati omicidi. Il 50enne di Lecce, nel corso dell’udienza preliminare di oggi dinanzi al gup Michele Toriello, presso l’aula bunker di Borgo San Nicola, ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato (consente lo sconto di pena di un terzo). L’inizio del processo su fatti che in alcuni casi risalgono a 30 anni fa, è previsto per l’11 dicembre.

L’imputato, da diversi anni sottoposto a un programma di protezione, è difeso dall’avvocato Sergio Luceri.

Dario Toma risponde a vario titolo ed in diversa misura di omicidio volontario di stampo mafioso aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi e tentato omicidio.

L’avviso di conclusione delle indagini dei mesi scorsi nei confronti di Toma, a firma del procuratore aggiunto della Dda Guglielmo Cataldi, rappresenta uno stralcio dell’inchiesta denominata “Maciste” che si è avvalsa della fondamentale testimonianza del collaboratore di giustizia, risalente al 2001. Ed in merito al filone principale, ci sono già state numerose sentenze, anche della Corte di Cassazione.

I fatti contestati

Il primo omicidio contestato dalla Procura risale al lontano 19 gennaio del 1989 e si verificò tra Lecce e Campi Salentina.
La vittima, Luigi Scalinci, venne attinto da diversi colpi di pistola. Tra gli autori dell’omicidio compare il nome di Dario Toma e di due complici. Il movente? La supremazia sul territorio del gruppo criminale da lui capeggiato. Si trattò di un caso di “lupara bianca”, poiché il cadavere non venne mai ritrovato.

Il secondo omicidio, invece, è quello di Valerio Colazzo, avvenuto a Campi Salentina il 3 settembre del 1989. Cristina Fema, la fidanzata della vittima, si trovava occasionalmente in auto con lui e rimase ferita.
Vennero esplosi diversi colpi di pistola e fucile, per contrasti di supremazia territoriale e per vendicare l’uccisione di Ivo De Tommasi. Toma avrebbe agito in concorso con altre persone.

E poi si c’è l’omicidio di Giuseppe Quarta, avvenuto l’11 ottobre 1989, sempre a colpi di arma da fuoco, in una località imprecisata poiché ritenuto anch’egli responsabile della morte di Ivo De Tommasi. In questo caso Toma avrebbe agito in concorso con Gianni De Tommasi, Francesco Taurino e Antonio Domenico Calabrese ( tutti condannati in via definitiva).

Toma avrebbe poi  partecipato all’omicidio di Giovanni Corigliano, di Veglie (appartenente al clan Tornese), assassinato all’età di 26 anni il 5 novembre del 1989, sparando contro di lui diversi colpi di arma da fuoco ed occultando il cadavere.
E sono già stati condannati in via definitiva: Tonio e Cosimo D’Agostino, di Veglie.

E poi si arriva all’omicidio di Ornella Greco e su quello “tentato” ai danni del fidanzato Giuseppe Martina, 29enne (appartenente al clan Tornese), avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 novembre a Copertino, vero obiettivo del gruppo criminale di Toma. La 24enne era stata sparata in testa con un fucile a pallettoni.
Martina, invece riucì a scampare all’agguato e portò Ornella in ospedale e, dopo la morte accertata della ragazza, abbandonò l’auto fuggendo via.
Toma è considerato l’autore dell’agguato assieme a due complici.

E nella mattinata di oggi, durante l’uso era preliminare, si sono costituiti parte civile, i suoi familiari assistiti dall’avvocato Giuseppe Romano.
Nel corso della prossima udienza, la difesa chiederà un risarcimento del danno di 1 milione di euro.

Il collaboratore è considerato responsabile anche dell’omicidio di Francesco Calcagnile, avvenuto a Galatone, il 10 febbraio del 1989.
Questi venne freddato da diversi soggetti con vari colpi di fucile e pistola perché avrebbe fornito il proprio aiuto al clan Tornese. Toma si trovava in macchina in compagnia di altre persone.

Il pentito avrebbe infine partecipato al tentato omicidio di Francesco Polito, unitamente ad altre due persone. Il grave fatto di sangue è avvenuto il 28 luglio del 2000 a Squinzano. Vennero esplosi diversi colpi di kalasnikhov; i sicari, però, si allontanarono credendo che Polito fosse già morto, sotto la pioggia di proiettili.

Rettifica

“Vi scrivo a nome della sig.ra Schirinzi Sonia, moglie del sig. Toma Biagio, per significarVi quanto segue. Nella serata di ieri è stato pubblicato l’articolo recante il titolo di apertura “Il pentito Biagio Toma finisce sotto processo per sei vecchi omicidi di mafia e tre tentati omicidi”, ​nel quale è del tutto erronea l’indicazione di “Biagio” Toma​ (anziché “Dario” Toma, come, invece, riportato nel corpo dell’articolo). Del che, evidentemente, si è poi presso atto, tant’è che nelle ore successive l’articolo de quo è stato rettificato, con l’eliminazione del riferimento erroneo al sig. Biagio Toma.
Ciò, però, non ha impedito che la iniziale erronea notizia sia rimasta in rete per il tempo necessario non solo alla sua lettura, ma, purtroppo, alla sua condivisione, limitata al solo titolo di apertura (ed effettuata su whatsapp). Per tale ragione, stante la estrema delicatezza (tale da rendere superflua ogni considerazione) della notizia erroneamente diffusa sia pure per evidente errore, ​La prego di dare adeguata ed immediata diffusione sia alla presente e sia alla conseguente rettifica.” – Avv. Walter D. Zappatore.



In questo articolo: