Omicidio Noemi Durini, 18 anni e 8 mesi a Lucio Marzo per aver ucciso l’ex fidanzata

La sentenza è stata emessa. Lucio è stato condannato a 18 anni per aver ucciso e sepolto la fidanzata Noemi Durini. Otto mesi per gli altri reati

«Non è amore se ti fa male» scriveva Noemi Durini sul suo profilo Facebook pochi giorni prima di sparire nel nulla. Non si era allontanata, come tutti pensavano e come aveva già fatto altre volte. Quella maledetta mattina del 3 settembre, era stata uccisa e sepolta quando era ancora viva.

A toglierle la vita è stato il fidanzato Lucio Marzo, condannato a diciotto anni e otto mesi per omicidio volontario. Le aggravanti dalla premeditazione, dalla crudeltà e dai futili motivi sono state confermate. Il 18enne di Montesardo risponde anche di soppressione di cadavere: quella maledetta mattina del 3 settembre aveva ricoperto il corpo della ragazzina con le pietre di un muretto a secco che l’hanno soffocata.

Aveva ragione mamma Imma, quando supplicava Noemi di lasciarlo. L’ultima volta che aveva notato sul volto della figlia i segni della violenza si era rivolta alla magistratura minorile. Come aveva confidato alle amiche, il ragazzo era geloso e possessivo, ma anche ‘pericoloso’.

«Ce la faremo a fare giustizia. Ce la faremo. Oggi è il giorno della verità che tutti, specialmente io, stiamo aspettando da un anno» aveva dichiarato ai giornalisti, all’ingresso del Tribunale dei Minorenni.

«Non potrò mai perdonarlo» ha ribadito la mamma di Noemi che, questa mattina, ha incrociato di nuovo lo sguardo dell’assassino di sua figlia. «Lui dovrà chiedere perdono a Noemi e alla sua coscienza» ha concluso.

Tutta la famiglia Durini ha voluto essere presente in aula: c’era Benedetta, c’era papà Umberto che ha seguito tutte le udienze e c’era anche nonno Vito. Fuori dal tribunale, le amiche del cuore di Noemi. Indossano una maglietta con la scritta: «L’amore é un’altra cosa».

Non ci sono i genitori di Lucio, così come chiesto dal ragazzo per evitare tensioni.

Questa è la storia di un omicidio annunciato, non d’impeto come ha ripetuto spesso il ragazzo.

Impossibile dimenticare il giorno in cui uscì dalla caserma, con il cappuccio della felpa alzato dopo aver raccontato come l’aveva ammazzata e dove l’aveva nascosta, prima di crollare e indicare la campagna di Castrignano del Capo che ha custodito per dieci giorni il corpo della 16enne. Non una lacrima, non un segno di vergogna. Alla gente inferocita che lo attendeva fuori Lucio ha dispensato sorrisi, linguacce e saluti, agitando in aria la mano destra. Del resto, qualche giorno prima aveva spaccato i vetri della macchina di una donna, un’amica della ragazza che lo aveva accusato.



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