
Si conclude con 9 condanne, il processo in abbreviato relativo all'Operazione "Coffee Drug", una complessa indagine conclusasi nel maggio 2012, fatta di appostamenti ed intercettazioni telefoniche che smascherò un grosso traffico di sostanze stupefacenti, destinato anche allo spaccio nelle vie del centro, interessate dalla movida leccese.
Il Gup Giovanni Gallo, che ha accettato i patteggiamenti proposti dagli avvocati (questa richiesta era stata rigettata dal Gup dell'udienza del novembre scorso, Alessandra Ferraro e gli atti furono così ritrasmessi al Pubblico Ministero che dovette notificare una nuova chiusura d’indagini e la richiesta di rinvio a giudizio), ha confermato l'impianto accusatorio del Pm Paola Guglielmi, in base al quale, a tutti gli imputati, era contestato l'articolo 73 comma 1, relativo al reato di detenzione, cessione e vendita di sostanza stupefacente, in alcuni casi riqualificato nel comma 5 quando "i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entità".
Il Gup Gallo ha condannato, tenendo conto della diminuente di un terzo, prevista dall'applicazione del rito abbreviato: Giovanni Celeste Passabì, 48enne, di Lizzanello e Fabio Pepe, 41 enne, di Lecce a 3 anni di reclusione (per entrambi, anche 13 mila euro di multa e la concessione delle attenuanti generiche); Andrea Scazzi, 44 enne, di Squinzano ad 1 anno e dieci mesi (riconosciuta l’ipotesi lieve del reato di detenzione e spaccio); Daniela Ventura, 29enne, di Novoli ad anni 3; Marta Garrisi, ad anni 3 e mesi 2; Franco dell'Acqua, 45 enne, di Salve, ad anni 3 (per tutti e tre, la pena è stata calcolata, in continuazione con una vecchia sentenza); 3 anni a Pasquale Gigante, 48 enne, di Lecce, con il riconoscimento delle attenuanti generiche; 2 anni e 9 mesi a Laura Giuri, 25 enne, di Neviano, sempre con il riconoscimento delle attenuanti generiche e dell’ipotesi lieve dell’accusa di spaccio. Assolto, Roberto Fuso, 35enne di Lecce (condannato ad 1 anno e 2 mesi, il giudice ha accordato la sospensione della pena poiché Fuso, difeso dall'avvocato Mariangela Calò, non aveva precedenti penali). Il collegio difensivo era composto, tra gli altri, dagli avvocati Luigi Corvaglia, Mariangela Calò, Amedeo Martina, Carlo Sariconi, Cosimo D’Agostino, Angelo Pallara, Luigi Greco.
Le indagini, concluse nel maggio 2012, furono avviate dopo l’arresto del gallipolino Antonio Nardelli, che nell’ottobre di tre anni fa fu trovato in possesso di un chilo e mezzo di eroina, altrettanti di hashish, un chilo di marijuana e alcuni grammi di cocaina. Nello spaccio, secondo gli inquirenti, era coinvolta anche la madre che aveva il compito – una volta che Nardelli era finito in carcere – di contattare i vari fornitori. Gli accordi relativi alle consegne di stupefacente avvenivano mediante l'uso di un linguaggio "convenzionale" che gli indagati – stando a quanto sostenuto dagli investigatori – ritenevano idoneo ad eludere eventuali operazioni di intercettazione da parte delle Forze dell'Ordine. A titolo di esempio, il codice utilizzato era "Ci possiamo vedere per un caffè" (a significare l'incontro finalizzato alla cessione), "Vengo in ferie per 15 giorni" (dove il numero dei giorni indicava la quantità di stupefacente che l'acquirente ordinava al suo fornitore), "Ci vediamo per 15 minuti" (analogamente all'esempio precedente con riferimento ai minuti), "Al ristorante quanto viene a persona?" e "Prenota per dieci persone".
Ciascun indagato, in modo autonomo ed in correlazione con gli altri, gestiva un proprio gruppo di clienti che provvedeva a rifornire con regolarità. La Procura non ravvisò l’accusa di associazione a delinquere e questa tesi è stata accolta dal Gup che ha dunque emesso, nell'udienza odierna, una condanna per detenzione, cessione e vendita di sostanza stupefacente.