Dalle prime luci dell’alba di oggi, più di 70 finanzieri del Comando Provinciale di Lecce stanno eseguendo un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 10 persone e un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 7 milioni di euro, emessi dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce Edoardo D’Ambrosio oltre che numerose perquisizioni in tutta la provincia di Lecce.
Sono finiti in carcere: i fratelli Alberto Marra 51 anni e Massilimiliano Marra, 49, di Galatina e Gabriele Antonio De Paolis, 44 anni di Galatina. Ai domiciliari: Leonardo Costa 59 anni di Corigliano d’Otranto, Luigi Marra, 79 anni, padre dei due imprenditori; Pamela Sabina Giannico, 46 anni di Galatina. In quattro sono invece stati sottoposti all’obbligo di firma giornaliera alla polizia giudiziaria: Andrea Bardoscia 39 anni di Galatina, Daniele Donno 27 anni di Corigliano d’Otranto, Stefano Greco 33 anni di Aradeo, Maurizio Zilli 37 anni di Galatina.
I ruoli
Pamela Giannico si occupava del settore amministrativo e contabile, gestendo i rapporti con le banche, con i prestanomi, con i dipendenti e con i clienti.
Luigi Marra, si occupava della cassa di una società, custodendo all’interno di un ufficio presso la sede di detta società il danaro riscosso dai vari dipendenti.
Bruno Romano e Daniele Donno, secondo le direttive impartite dai fratelli Marra procacciavano nell’interesse di questi, i clienti titolari di esercizi commerciali.
Andrea Bardoscia, uomo di fiducia dei Marra, svolgeva mansioni di tecnico informatico e manutentore dei dispositivi elettronici fraudolentemente alterati.
Maurizio Zilli, uomo di fiducia dei Marra, operava in qualità di “scassettatore” provvedendo a prelevare il danaro dai congegni illeciti ed alterati e, su direttiva degli stessi, a ritirare i dispositivi elettronici installati presso gli esercizi commerciali allo scopo di sottrarli ai controlli e ai sequestri.
Stefano Greco e Paolo Baldari, svolgevano il ruolo di manutentori e “scassattatori”.
Gabriele De Paolis Gabriele, genero di Coluccia Luigi Otello e affiliato al clan Coluccia, rappresentava gli interessi di questi nelle aziende gestite dai Marra, procacciava per conto di questi gli esercizi commerciali, anche avvalendosi di altri affiliati al clan a lui sottoposti, imponeva ai titolari il noleggio di dispositivi elettronici distribuiti dalle predette aziende anche in danno di quelle concorrenti.
Indagati a piede libero: Bruno Romano, 50 anni di Galatina; Daniele Puscio, 46 anni di Carmiano; Giuseppe Spagnolo, 56 anni di Galatina; Stefano Villani, 43 anni di Soleto, Paolo Baldari, 52 anni di Galatina.
Infatti, il gip ha rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare nei loro confronti.
L’inchiesta “Dirty Slot”
L’inchiesta denominata “Dirty Slot”, coordinata dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce e condotta dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Lecce, ha smantellato un’organizzazione criminale legata al clan “Coluccia” e ad alcune frange brindisine della Sacra Corona Unita, in grado di imporre con metodo mafioso l’avvio, la gestione ed il controllo del mercato del gaming e del gioco d’azzardo legale ed illegale nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto, oltreché nel Lazio, nelle provincie di Frosinone e Latina, gestendo un vorticoso giro d’affari nel settore delle slot machine, dei videopoker e nella raccolta di scommesse per eventi sportivi, fatte confluire sulle piattaforme informatiche di bookmaker stranieri.
Proprio in tale ambito, le Fiamme Gialle salentine hanno accertato che gli imprenditori Alberto e Massimiliano Marra risultano tra gli elementi di spicco di un’importante consorteria criminale, egemone nel territorio di Galatina, dedita al sistematico ricorso a metodi intimidatori per imporre la propria posizione di monopolio nel comparto, notoriamente di interesse delle mafie, non solo nel Salento ma anche in altre parti d’Italia.
Intimiditi gestori di bar e ristoranti
Numerosissimi gestori di bar, ristoranti e sale da gioco ricadenti nel “feudo” dei Coluccia, sono stati costretti, con l’imposizione della forza intimidatoria del vincolo mafioso a installare oltre 400 slot machines e videopoker di proprietà delle società degli imprenditori arrestati, subendo – in caso contrario – minacce, attentati e ritorsioni, in alcuni casi, anche fisiche, da parte degli uomini del clan.
I metodi di indagine
La complessa attività investigativa, svolta anche con l’ausilio delle intercettazioni, dei pedinamenti e analisi di centinaia di conti bancari, anche esteri, ha dimostrato l’egemonia degli indagati nel territorio di Galatina e nei paesi limitrofi, in diverse aree del Salento oltreché fuori Regione, un business di milioni di euro legato alle scommesse sportive a quota fissa, ma illegali perché collegate a network esteri ed al gioco d’azzardo anche attraverso slot machine “taroccate”, cioè appositamente manomesse per interrompere i flussi telematici di comunicazione ai Monopoli di Stato, sottraendo ingenti guadagni all’imposizione dovuta allo Stato sull’ammontare delle giocate realizzate dai singoli dispositivi elettronici.
Le indagini hanno, inoltre, valorizzato e confermato le dichiarazioni da tempo rese da diversi collaboratori di giustizia che hanno indicato gli indagati odierni come punto di riferimento della Sacra Corona Unita nella gestione del sistema dei giochi e scommesse nel Salento.
I provvedimenti cautelari sono stati eseguiti a Galatina, Aradeo, Corigliano d’Otranto e Carmiano e agli arrestati e a svariati “prestanome” è stato sequestrato, in Italia e all’estero, un ingente patrimonio mobiliare e immobiliare frutto delle attività delittuose composto da fabbricati, terreni, autovetture, società, ditte individuali, polizze assicurative e conti correnti presso vari istituti di credito per oltre sette milioni di euro.
Le ipotesi di reato
Le ipotesi di reato contestate sono quelle di associazione per delinquere di tipo mafioso, frode informatica, esercizio di giochi d’azzardo ed esercizio abusivo di giochi e scommesse aggravati dal metodo mafioso, illecita concorrenza con minaccia o violenza e trasferimento fraudolento di valori.
Durante le indagini i militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Lecce hanno effettuato sequestri di apparecchiature elettroniche e svolto una verifica fiscale nei confronti della principale società degli indagati, constatando un’enorme evasione fiscale ai fini delle imposte dirette di circa 2,5 milioni di euro e di oltre 15 milioni di euro ai fini dell’IVA, grazie anche alla scoperta di documentazione extra-contabile in formato digitale rinvenuta negli hard disk della società, minuziosamente ricostruita dai militari delle Fiamme Gialle salentine.