Operazione “Dirty Slot”: le intimidazioni ai titolari dei bar ed i rapporti con il clan Coluccia

È quanto emerge nelle oltre 500 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, a firma del gip Edoardo D’Ambrosio che ha portato a dieci arresti.

Una lunga serie di intimidazioni ai titolari dei bar, ricadenti nel territorio dei Coluccia, e una agguerrita concorrenza nella gestione delle slot machines. È quanto emerge nelle oltre 500 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, a firma del gip Edoardo D’Ambrosio in merito all’operazione denominata Dirty Slot.

Infatti, il giudice riporta le accuse mosse dalla Procura nei confronti di Alberto e Massimiliano Marra (gli imprenditori ritenuti al vertice del sodalizio criminale), i quali ” concorrevano, pur senza farne parte, nella associazione di tipo mafioso comunemente nota come Sacra Corona Unita ….nonchè con gli esponenti del clan Coluccia, in particolare con Michele Coluccia, Pasquale Danilo Coluccia e De Paolis Gabriele, operante nelle zone di Noha, Galatina e comuni limitrofi”.

Le indagini hanno, inoltre, valorizzato le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Ercole Penna, Vincenzo Antonio Cianci e Sandro Campana che hanno indicato i due imprenditori come punto di riferimento della Sacra Corona Unita nella gestione del sistema dei giochi e scommesse nel Salento.

Le intimidazioni

E vengono riportate le intimidazioni di Alberto Marra nei confronti dei ‘concorrenti’, del tipo «non ti permettere a togliere le mie macchinette nei bar anche se i titolari si lamentano, perche’ sia tu che i titolari dovete lavorare per forza per me altrimenti dovete guardarvi le spalle e non vivrete tranquilli».

E poi viene citato un episodio ritenuto indicativo dalla Procura delle intimidazioni poste in essere da Alberto Marra che assieme a due complici, presentandosi all’interno dell’esercizio commerciale dove erano installati i dispositivi elettronici noleggiati anche dalle aziende del gruppo concorrente, dicevano al titolare che da quel giorno lui avrebbe lavorato solo con le loro aziende.

In questi due casi, secondo il gip, non sussisterebbe però il reato di tentata estorsione, ma di minacce e l’episodio andrebbe visto come una questione di concorrenza agguerrita nel campo del noleggio dei dispositivi da gioco.



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