“Doppio Gioco” sul mercato delle slot machine, tornano in libertà i due fratelli Rizzo e la sorella

Il gip Alessandra Sermarini ha accolto l’istanza del pm Carmen Ruggiero che aveva chiesto la revoca dei domiciliari, ritenendo cessate le esigenze cautelari.

Tornano in libertà, i due fratelli Rizzo e la sorella, dopo l’arresto nell’ambito dell’inchiesta “Doppio Gioco” relativa ad una maxi operazione della Gdf sul gioco d’azzardo.

Lasciano i domiciliari: Giovanni Francesco Rizzo, 58enne avvocato, Pantaleo Salvatore Rizzo, 53 anni e Maria Teresa Rizzo, 55enne (tutti di Nardò). Il gip Alessandra Sermarini ha accolto l’istanza del pm Carmen Ruggiero che aveva chiesto la revoca dei domiciliari, ritenendo cessate le esigenze cautelari, “tenuto conto del tempo trascorso valutato unitamente al contegno tenuto dagli indagati nel corso della esecuzione della misura cautelare”. Sono assistiti dagli avvocati Antonio La Scala e Biagio Palamà.

Invece, nei giorni scorsi, il gup Cinzia Vergine, ha rinviato a giudizio Maria Teresa Rizzo. Per ciò che riguarda i due fratelli Giovanni Francesco e Pantaleo Salvatore Rizzo, il fascicolo è tornato nelle mani del pm per un difetto di notifica. L’inchiesta coordinata dal pm Carmen Ruggiero della Dda ha permesso di smantellare un’organizzazione operante nel mercato del gaming e del gioco d’azzardo nelle province di Lecce e Taranto, che avrebbe gestito un giro d’affari illegale nel settore delle slot machines, dei videopoker e nella raccolta di scommesse per eventi sportivi, fatte confluire sulle piattaforme informatiche di bookmaker stranieri.

I militari della Guardia di Finanza hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare a firma del Giovanni Gallo, nei confronti dei tre fratelli Rizzo, ritenuti a capo dell’organizzazione criminale.

Nello specifico, secondo l’accusa, l’avvocato Giovanni Francesco Rizzo, provvedeva alle operazioni di prelievo del denaro dai dispositivi illegali. Non solo, poiché gestiva i rapporti con i clienti, contrattando le condizioni del noleggio e garantiva loro consulenza ed assistenza legale, nei procedimenti penali che sorgevano a loro carico, a seguito dei sequestri, dando loro indicazioni per eludere i controlli e dissimulare l’illiceità dei dispositivi.

E poi, ritiene l’accusa, l’avvocato gestiva il rapporto con un prestanome, provvedendo a corrispondergli (assieme ai fratelli) periodicamente somme di denaro in cambio della fittizia intestazione di un’impresa con la quale i fratelli Rizzo distribuivano dispostivi di gioco illegale.

Invece, il fratello Pantaleo Rizzo, gestiva i rapporti con i clienti con particolare riguardo al noleggio dei Totem e dei videopoker.

Infine, la sorella Maria Teresa Rizzo, si occupava del settore amministrativo e contabile di due società, gestendo in particolare i rapporti con le banche ed i prestanome.



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