Un’intera banda criminale sgominata da un’operazione della Guardia di Finanza le cui indagini si sono perpetrate per due lunghi anni e che affonda le sue radici nella complessa “Operazione Caronte”.
Una struttura criminosa che aveva assunto un profilo internazionale, articolata in due cellule: una prima italiana, la seconda estera.
Ben sei arresti sono scattati ai danni di ex contrabbandieri, reinventatisi trafficanti, tutti originari del brindisino. Un settimo arresto pende invece in capo ad un uomo di nazionalità irachena, per il quale è stata chiesta la rogatoria ed è scattato il mandato d’arresto internazionale.
I trafficanti, tutti con precedenti penali nel comparto del contrabbando e del traffico di stupefacenti, avevano intessuto una tela di rapporti con una nucleo di matrice estera, un’organizzazione minuziosa che organizzava veri e propri viaggi della speranza “d’elitè” e pertanto tutti accusati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina.
Era la cellula italiana ad occuparsi di tutto quanto concerneva la logistica del viaggio dei clandestini, mentre quella estera aveva il compito, tra gli altri, di “affittare” le barche.
Si trattava di imbarcazioni a vela, sulle quali erano accolti un numero non troppo elevato di immigrati, così da non dare nell’occhio.
La cellula estera si componeva di criminali appartenenti ad altre varie nazionalità: greci ed albanesi per lo più.
Ulteriori 26 denunce sono scattate per altrettanti soggetti coinvolti nella struttura criminale e che, tuttavia, sono ancora in corso di identificazione.
Ogni scafista riceveva una retribuzione di 10 mila euro per viaggio, ai capi dell’organizzazione toccavano invece circa 1500 euro per ogni singolo clandestino trasportato. Questi ultimi, prevalentemente di nazionalità somala e siriana, potevano arrivare a pagare fino a 5 mila euro per il viaggio.
I lunghissimi tragitti muovevano dalla Turchia, fino in Grecia, dove la sosta al fine di raggiungere un numero congruo di clandestini da imbarcare, poteva durare anche diverse settimane prima di intraprendere la rotta in mare aperto fino all’Italia.
Si è trattato di una vera e propria cooperazione internazionale tra bande che ha visto coinvolte le autorità italiane congiuntamente a quelle greche, albanesi e montenegrine.
Un’ indagine pregevole, di almeno due anni, che ha interessato oltre ai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Lecce, sotto la direzione della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, anche lo S.C.I.C.O. di Roma e la Sezione Operativa Navale di Otranto.
