«Il lupo perde il pelo, ma non il vizio», recita un vecchio proverbio popolare che ben si adatta a Vincenzo Rizzo e Saulle Politi, volti noti alla cronaca locale che sono riusciti a far risorgere dalle ceneri due gruppi criminali vicini alla Sacra Corona Unita e allo storico clan “Tornese” di Monteroni, dopo aver ricevuto una sorta di investitura da parte dei boss reclusi.
Rizzo, luogotenente dei Tornese, dopo 21 anni passati dietro le sbarre era tornato per dare vita ad un sodalizio attivo a San Cesario, San Donato e Lequile, ma interessato anche a Gallipoli. Politi, invece, aveva dovuto pagare lo sgarro fatto quando aveva “parlato” con gli inquirenti, mandando in carcere il rivale Fabio Perrone, conosciuto come Triglietta. Una cosa inaccettabile per le regole d’onore seguite da malavitosi. Lui, invece, fu perdonato.
Per tornare a fare il capo aveva dovuto seguire una sorta di riabilitazione, conosciuta in gergo criminale come il «manto della carità» e da allora guidava il gruppo attivo nei comuni di Monteroni, Arnesano, San Pietro in Lama, Carmiano, Leverano e Porto Cesareo.
Una vera ascesa criminale la sua, interrotta bruscamente questa mattina nell’operazione labirinto, quando per lui si sono spalancate le porte del Carcere. Gli uomini in divisa lo hanno beccato in un lussuoso albergo sulla costiera amalfitana, dove si trovava in vacanza con la famiglia.
Insomma, per quanto ci si possa sforzare, certe abitudini, modi di fare o vizi non si perdono difficilmente, neanche con il trascorrere degli anni. In un modo o nell’altro, i due boss erano riusciti a ricominciare, facendosi strada a suon di intimidazioni e minacce. Puntavano sull’intramontabile traffico di droga che continua a fare da fil rouge tra i vari interessi dei criminali, sulle estorsioni alle attività commerciali non disdegnando l’uso di armi da fuoco, ma con un salto di qualità rispetto al passato: avevano reinvestito il capitale delle attività illecite in attività lecite, puntando – non a caso – sul turismo e sui settori più allettanti, considerati maggiormente redditizi come quello della sicurezza nei luoghi simbolo della movida o nel controllo dei fiorenti mercati ittici nella Città Bella (e non solo). Loro era anche il trasporto dei turisti, accompagnati in giro per la perla dello ionio a bordo dei caratteristici Ape-car.
Criminali in grado di sparare sì, ma anche imprenditori anche se non sorprende che la Sacra Corona Unita abbia deciso di alzare il tiro, puntando in altro con l’obiettivo di infiltrarsi e radicarsi nel tessuto economico del territorio, allungando i suoi tentacoli sugli affari puliti, apparentemente ‘sani’.
Questa mattina, l’operazione denominata «Labirinto» dei Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Lecce ha dato un duro colpo ai clan legati alla Sacra Corona Unita, non solo dal punto di vista dei numeri con le 33 ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip del Tribunale di Lecce, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, ma anche per la valenza del blitz che ha fatto cadere le teste di alcuni dei più attivi gruppi malavitosi del Salento. Un blitz che ha radici lontane, nell’operazione “Baia Verde” del 2014, quando sotto riflettori finì il clan Padovano che si era sostituito agli imprenditori in maniera silenziosa, imponendo anche con atti di intimidazione “tipicamente” mafiosi, uomini e società nelle attività clou del turismo estivo gallipolino, dalle agenzie di sicurezza alla gestione dei parcheggi.
Le accuse
Gli indagati, ora, dovranno rispondere, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico internazionale e spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione e porto abusivo di armi, estorsione e danneggiamento, con l’aggravante del metodo mafioso.
Il legame con la ‘ndgrangheta
Lo spessore criminale dei due boss, soprattutto di Politi, è dimostrata dai contatti con gli esponenti della ‘ngrangheta, tanto che alcuni esponenti di spicco della cosca Mammoliti di San Luca (Rc), erano stati invitati al matrimonio, celebrato nel marzo 2016. Non è una novità. Da quando è nata la Sacra Corona Unita ha provato a stabilire delle connessioni con la mafia calabrese diventati, con il tempo, dei legami saldi, basati sulla fiducia.
Gli affari del clan
Il core business ancora una volta è il traffico di sostanze stupefacenti: fiumi di cocaina, eroina e marijuana che giungevano il Salento grazie ai legami tessuti con le organizzazioni criminali dell’Albania. Una figura di spicco, in questo campo, è quella di Davide Quintana, referente del Clan Padovano poi entrato sotto “l’ala protettiva” di Rizzo. Parte dei proventi della rete di spaccio che aveva tessuto soprattutto nella Città Bella, servivano al sostentamento degli esponenti del sodalizio gallipolino detenuti.
Tra gli affiliati al gruppo “Politi”, invece, la figura di rilievo è quella di Gabriele Tarantino che aveva il compito di tenere i contatti tra il capo clan e gli affiliati. Non solo, aveva anche il compito di sovrintendere alla gestione delle attività illecite, prima fra tutte quella inerente il traffico di droga. A questi si affianca Antonio De Carlo, elemento di raccordo con il gruppo “Rizzo”.
Nonostante i due gruppi criminali operassero in stretta sinergia tra loro, attraverso la presenza stabile sui rispettivi territori di competenza, veniva tuttavia documentata una fase di frizione tra i due clan per contrasti sorti in occasione dell’approvvigionamento di stupefacenti. Proprio in tale contesto, si registrava l’attentato dinamitardo nell’ottobre del 2015 in danno del bar di proprietà di Alessandro Quarta, nonché l’incendio dell’autovettura di Rodolfo Franco nel mese di giugno 2016.
La gestione del business
In relazione alle attività illecite poste in essere dal gruppo capeggiato da Politi, le risultanze investigative più rilevanti hanno riguardato l’attività di reinvestimento di capitali in attività imprenditoriali molto note nel tessuto economico locale. Lo stesso Politi è intervenuto per dirimere una controversia di natura commerciale sorta tra due società operanti nel settore ittico, all’esito della quale, grazie al suo intervento, alla “Ittica Gallipoli” di Davide Quintana è stato consentito di riprendere ad intrattenere rapporti commerciali con alcuni dei propri fornitori.
