«La calunnia è un venticello» come recita il Barbiere di Siviglia, una delle opere più conosciute di Gioachino Rossini. Nell’operazione «i soliti sospetti» che ha portato all’arresto di una ‘banda’ intenzionata a farsi giustizia da sola, il “pettegolezzo” si è insinuato nelle orecchie delle persone sbagliate che, per vendicare un torto subito, hanno ben pensato di organizzare una vera e propria spedizione punitiva contro i due uomini.
La loro colpa? Essere stati indicati dalle “voci di paese” come gli autori di un furto all’interno dell’abitazione del padre di Cristiano Quarta, uno dei sei indagati. Il suo è un volto sconosciuto alle forze dell’ordine, almeno fino a questo momento.
Non è il solo ad essere finito in carcere. La stessa accusa – lesioni personali aggravate e sequestro di persona a scopo di estorsione in concorso tra di loro e nell’ambito di un medesimo disegno criminoso – è stata contestata a Eupremio Lauretti (44enne), Marco Paladini (32enne), Ivan Petrelli, (41enne) e Gianfranco Quarta (42enne). Tutti di Carmiano. È di Monteroni di Lecce, invece, l’altro componente del branco: Stefano Gabellone (42enne). All’appello, secondo gli uomini in divisa, mancano ancora altre persone.
Picchiati selvaggiamente davanti a una bambina di 2 anni
L’operazione ha preso il via il 10 settembre scorso, grazie da una serie di “coincidenze”. I sei (o forse anche di più) hanno raggiunto l’abitazione dell’uomo accusato, senza nessuna prova, di essere l’autore del furto avvenuto poche ore prima, in casa del papà di Cristiano Quarta.
Per una banale casualità, hanno trovato anche l’amico e presunto complice di quel colpo che aveva provocato un danno di circa 8mila euro che ora volevano recuperare a tutti i costi.
Fregandosene della presenza della compagna della vittima e della figlia di appena sei anni, i malviventi hanno iniziato a picchiare selvaggiamente i loro bersagli, facendo forza sulla superiorità numerica. Uno è stato persino trattenuto con la testa nel lavabo dei piatti, in cucina, mentre l’acqua scorreva.
I poveretti hanno cercato di discolparsi, affermando di non sapere niente del furto, ma è stato tutto inutile. A quel punto, non contenti, li hanno costretti con la forza ad entrare su due distinte auto: uno è stato rinchiuso nel portabagagli, l’altro è stato fatto accomodare sul sedile anteriore. Seguiti da altre vetture, li hanno condotti nelle campagne di Salice Salentino, dove gli hanno dato il resto: pugni, calci e altre violenze di ogni genere.
Quando hanno ‘finito’ li hanno riaccompagnati a casa, ma solo per permettergli di racimolare 8mila euro in contanti che avrebbero dovuto consegnare, entro un quarto d’ora. O i soldi, o la morte: il messaggio era chiaro.
Erano diretti all’appuntamento, in un distributore di carburanti nelle vicinanze, quando hanno ‘incrociato’ i Carabinieri della tenenza di Copertino che si erano messi sulle tracce dei due uomini pestati a sangue dopo la chiamata al 112 della compagna terrorizzata che aveva assistito alla scena e aveva chiesto aiuto.
Le indagini
Le due vittime con il volto tumefatto sono state soccorse, ma solo una ha accettato di farsi accompagnare al Pronto Soccorso: aveva riportato delle ferite, giudicate guaribili in 10 giorni dai medici dell’Ospedale “Vito Fazzi”, dove era finito per una ‘complicazione’ all’occhio. L’altro ha rifiutato le cure mediche e anche di sporgere denuncia. Gli uomini in divisa, comunque, sono riusciti a strappargli qualche ammissione dando il via alle indagini.
L’abilità dei carabinieri della tenenza di Copertino, guidati dal luogotenente Salvatore Giannuzzi, e della compagnia di Gallipoli, capitanati da Francesco Battaglia, ha permesso di mettere un primo punto. La testimonianza della vittima, infatti, ha messo i militari sulla strada giusta. A tradirli è stata l’auto utilizzata per portarli nelle campagne di copertino. I riconoscimenti fotografici hanno poi fatto il resto, portando all’identificazione degli autori della spedizione punitiva.
Il movente
Una giustizia fai da te, nata, come detto, dalla convinzione sbagliata, che le due vittime fossero gli autori di un furto, appunto di 8.000 euro, perpetrato poche ore prime presso l’abitazione del padre di Cristiano Quarta. Da qui, la spedizione punitiva scorso, al fine di riappropriarsi del maltolto.
L’arresto
Insomma, alle prime luci dell’alba, gli uomini dell’Arma hanno bussato alla porta dei componenti della banda stringendo tra le mani le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Carlo Cazzella, su richiesta del sostituto procuratore Paola Guglielmi. Le accuse contestate ai sei sono di lesioni personali aggravate e sequestro di persona a scopo di estorsione, in concorso tra di loro e nell’ambito di un medesimo disegno criminoso.
Le indagini continuano per chiudere definitivamente il cerchio.