Gerarchie criminali ed aggressioni in carcere: le dichiarazioni del pentito Angelo Corrado

Il 48enne di Frigole, tra i 49 indagati nell’operazione “Vele”, ha collaborato con gli inquirenti, contribuendo a far luce sui clan operanti a Lecce.

Una lunga e delicata indagine, corroborata dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia.

Quanto ricostruito durante gli accertamenti investigativi, è stato confermato dalle dichiarazioni di Angelo Corrado, un capo-maglia che ha deciso di “parlare” quando i debiti che aveva contratto durante l’attività criminale erano diventati talmente ingenti che era impossibile onorarli.

Il 48enne di Frigole, infatti, che compare tra i 49 indagati nell’operazione “Vele”, a un certo punto ha deciso di vuotare il sacco. Corrado, nel primo verbale del gennaio 2016, confermava quanto dichiarato dall’altro pentito Gioele Greco, affermando di essere affiliato al clan di Maurizio Briganti, dopo aver fatto parte di quello guidato da Roberto Nisi.

I gruppi operano nel settore della droga e delle estorsioni e sono impegnati a versare denaro ai detenuti ed ai loro familiari“, afferma Corrado. L’uomo aggiunge, però, che rispetto al passato, non vige più la regola del cosiddetto “punto”, in quanto automaticamente sulla base di accordi è stato stabilito che il prezzo dello stupefacente, gia comprende il “punto”.

Il collaboratore di giustizia, inoltre, rivela alcuni particolari sulle aggressioni in carcere a danno di elementi di spicco della Scu. “Sono in grado di affermare che l’ordine di aggredire in carcere Roberto Nisi, è stato dato da Pasquale Briganti“.

Il pentito si sofferma, poi, su come dovevano essere regolati i contrasti tra clan rivali, fuori dai penitenziari.”Solitamente quando vengono ordinate delle azioni in danno di persone che sono fuori dal carcere, vengono fatte uscire fuori dal carcere le c.d. sfoglie”. E afferma: “sono a conoscenza che quattro/cinque mesi fa Maurizio Briganti diede ordine di compiere azioni delittuose”. Corrado precisa però che ” non sono state portate a termine perché gli incaricati di compierle non si sono mostrati pronti” .

Come detto, però. importanti spunti investigativi sono venuti a galla grazie alle dichiarazioni di un altro pentito. Infatti, nel corso di un interrogatorio del 2015, Gioele Greco aveva fornito particolari sugli assetti criminali nella zona di Lecce. Greco affermava: “Massimiliano Elia è affiliato a Maurizio Briganti, mentre Gianfranco Elia è affiliato a Cristian Pepe…”. Ritiene il gip Simona Panzera, che “Briganti già attraverso Cristian Cito si era attivato per colpire il Greco, appropriandosi di somme di denaro dai creditori di quest’ultimo, avesse interesse ad intercettare la corrispondenza inviata dallo stesso ai familiari”.

A quel punto, sarebbe stata avviata un’attività di intercettazione che avrebbe permesso d’individuare, successivamente all’Operazione Eclissi, “le modalità con cui i clan mafiosi continuavano ad operare, per mezzo di Cristian Cito, Angelo Corrado, Massimiliano Elia, aderenti al clan Briganti, e di Gianfranco Elia, aderente al clan Pepe”.



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