Paolo Adinolfi, storia di un giudice scomparso nel nulla

Il giudice Paolo Adinolfi è scomparso ‘misteriosamente’ il 2 luglio del 1994. La famiglia attende ancora di conoscere la verità

2 luglio 1994. Faceva caldo a quel giorno di inizio estate a Roma e il giudice  Paolo Adinolfi, che da  un mese aveva lasciato la Sezione Fallimentare della Procura per la Sezione Civile della Corte d’Appello saluta la moglie e le da appuntamento per il pranzo. Non tornerà mai più a casa da Nicoletta e dai figli che non smetteranno mai di cercarlo. Nessuno avrebbe mai immaginato che la scomparsa di un magistrato integerrimo, che non fa sconti a nessuno, sarebbe diventato un mistero in cui si intrecciano fatti e nomi di un’epoca buia e dolorosa, di un anno segnato dalla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, dall’omicidio di don Giuseppe Diana voluto dalla camorra, dagli scandali. Quel 1994 anche un giudice esce di casa e non ritorna più, lasciando la famiglia senza una tomba su cui piangere e soprattutto senza la verità. Perché nessuno sa cosa sia successo quel sabato mattina di luglio. Restano tante piste improbabili finite nel nulla, nessuna traccia e il ricordo quasi sbiadito di un magistrato dalla schiena dritta diventato un cold case, un «caso freddo» su cui è calato il silenzio.

La scomparsa

Poche sono le cose certe nella scomparsa del Giudice Adinolfi. C’è un orario: le lancette dell’orologio avevano da poco segnato le 9.00 quando il magistrato si allontana al volante della sua «Bmw 316». Sembrava tranquillo: un bacio alla moglie Nicoletta e la promessa di tornare per pranzo dopo aver sbrigato alcune commissioni. Di certo c’è che passò all’ufficio postale del tribunale, per pagare alcune bollette, alla banca interna (all’epoca aperta di sabato) per trasferire un conto corrente, e ancora – prima stranezza – in archivio per ritirare una sentenza, dove uno dei bibliotecari notò che era accompagnato da «un giovane di 30-35 anni».

Come certo è che Adinolfi raggiunse un secondo ufficio postale, al Villaggio Olimpico dove spedì un vaglia di 500 mila lire alla moglie. Gesto inspiegabile come incomprensibile fu il fatto che nella buca delle lettere dell’ abitazione dell’anziana madre, ai Parioli, furono ritrovate le chiavi di casa e dell’auto. Di Adinolfi nessuna traccia. Si era occupato di casi scottanti, ma la prima pista battuta fu quella dell’allontanamento volontario nonostante nessuno avesse mai ascoltato confidenze su probabili (o improbabili) desideri di fuga.

Incidente? Suicidio? Ma nessuno ha mai trovato un corpo da piangere. No, la verità, forse, doveva essere cercata tra i suoi affari ‘delicati’, tra i suoi fascicoli, cominciando dal fallimento revocato a sua insaputa mentre era in ferie. Decisione che lo aveva spinto a lasciare la Fallimentare.

Dato che la verità non è mai stata trovata, tocca parlare per ipotesi, tutte possibili, ma nessuna dimostrata. Di nomi che si intrecciano a quelli del giudice, di personaggi della Banda della Magliana, di dei servizi segreti. Ombre e sospetti, tasselli di una storia che nessuno ha mai incastrato. La chiave è nascosta lì, tra le tra le 9.00 e il primo pomeriggio, quando Nicoletta ha capito che il marito non sarebbe più tornato, tra pochi spostamenti. Il punto è che nessuno l’ha mai trovata.

 



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