Sfruttavano braccianti extracomunitari in un’azienda agricola, in due rinviati a giudizio per “caporalato”

Gli imputati dovranno presentarsi il 3 febbraio per l’inizio del processo, dinanzi ai giudici in composizione collegiale della Prima Sezione Penale.

Finiscono sotto processo, due persone accusate di caporalato nei confronti di una trentina di braccianti agricoli.

Si tratta di Anna Flora Angelelli. 57enne di San Pietro in Lama, titolare dell’azienza agricola; Franco Notaro, 61enne, anch’egli di San Pietro in Lama, gestore di fatto. Rispondono di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”.

Inoltre, M.U. 31enne di origini pakistane, ma domiciliato a Monteroni è finito sotto processo per falsa testimonianza.

Questi nel corso dell’incidente probatorio, ha dichiarato falsamente che i lavoratori che prestavano attività lavorativa presso l’azienda agricola di Anna Flora Angelelli, disponevano di tutti gli strumenti di protezione individuale.

Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Elvia Belmonte e Mariangela Calò.

Dovranno presentarsi il 3 febbraio per l’inizio del processo, dinanzi ai giudici in composizione collegiale della Prima Sezione Penale.

Invece, A.Z., “factotum” 36enne di origini pakistane, ma residente a Monteroni, è stato già condannato con rito abbreviato a 4 anni dal gup Carlo Cazzella. Rispondeva dei reati d’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e di percosse e lesioni personali aggravate. Il 36enne venne arrestato in flagranza di reato, il 18 agosto del 2018, a conclusione di un’attività investigativa lampo scaturita dalle denunce presentate da alcuni giovani immigrati.

Cinque braccianti, la Cgil e la Flai Cgil si sono già costituiti parte civile, attraverso gli avvocati Giuseppe Gennaccari e Yuri Chironi.

Le accuse

Ben 32 braccianti sarebbero stati costretti, secondo l’accusa, con minacce e violenze fisiche e verbali, a lavorare per oltre 10 ore al giorno in un campo di pomodori; con una breve sosta solo per il pranzo, composto solo da legumi e pane, a fronte di un paga che variava da 1 euro ad un massimo di 3 euro per ogni ora lavorativa.

 

 

 



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