Processo Tecnova su riduzione in schiavitù. Procura chiede quasi un secolo di carcere per nove imputati

I lavoratori, secondo l’accusa, erano costretti a lavorare 12 ore al giorno per due euro l’ora, anche sotto il sole cocente o la pioggia battente

La Procura invoca quasi un secolo di carcere per nove imputati accusati di avere ridotto in schiavitù numerosi cittadini extracomunitari nei parchi fotovoltaici sparsi nel Salento, dell’azienda italo-spagnola Tecnova Italia s.r.l. con sede a Brindisi (da tempo fallita).

Il pubblico ministero Carmen Ruggiero della Direzione distrettuale antimafia, al termine della requisitoria tenutasi ieri mattina nell’aula bunker di Borgo San Nicola, dinanzi ai giudici della Corte d’Assise di Lecce (presidente Pietro Baffa, a latere Francesca Mariano e giudici popolari) ha chiesto la condanna a: 8 anni di reclusione per Manuela Costabile, 46enne di Brindisi, all’epoca dei fatti responsabile amministrativa della società; 7 anni per Cosima De Michele, 68enne di Brindisi e 6 anni per Marco Damiano Bagnulo, 33enne di Brindisi, nelle vesti di titolari di uno studio di consulenza che indicava alla Tecnova, i lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno. Non solo, poiché la pubblica accusa ha invocato pene comprese tra i 10 ed i 18 anni di reclusione per i soci, gli amministratori della Tecnova e i capi cantiere, di origine spagnola e colombiana. Nel corso della discussione, il pm ha chiesto il riconoscimento del reato di associazione a delinquere finalizzato alla riduzione in schiavitù ed alla estorsione e la prescrizione del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Invece, la Procura ha avanzato richiesta di assoluzione per Tatiana Tedesco, 37enne di Brindisi, Annamaria Bonetti, 38enne di San Pietro Vernotico, collaboratrici dipendenti dell’ufficio brindisino della Tecnova e per un altro imputato.

La prossima udienza è fissata per il 7 marzo quando si terranno le arringhe difensive dei legali dei 12 imputati, assistiti, tra gli altri, dagli avvocati Pantaleo Cannoletta, Ladislao Massari, Gianvito Lillo e Fabio di Bello. Invece, la sentenza della Corte d’Assise è prevista per il 4 aprile.

Inoltre, già nell’udienza preliminare si erano costituite circa 300 parti civili, tra lavoratori e associazioni, assistite, tra gli altri, dagli avvocati Salvatore Centonze, Alessandro Stomeo, Marco Pezzuto, Giuseppe Milli, Francesco Spagnolo e Maurizio Scardia.

Secondo l’accusa, i responsabili della società italo-spagnola Tecnova avrebbero assunto cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno favorendo la loro permanenza irregolare in Italia e facendoli lavorare in condizione di asservimento. I lavoratori erano costretti a lavorare 12 ore al giorno per due euro l’ora, anche sotto il sole cocente o la pioggia battente.

L’indagine è partita nel novembre 2010 dalla Procura di Brindisi dopo le denunce di numerosi lavoratori che operavano nei 17 cantieri di fotovoltaico sparsi tra le province di Lecce e Brindisi. Nel leccese i cantieri erano sorti a Frigole, Galatina, Collepasso, Guagnano, Nardò, Ortelle, Salice Salentino e Spongano. Nel brindisino, invece, a Cellino San Marco, Francavilla Fontana e Torre Santa Susanna.

Ed il 20 aprile del 2011 vennero eseguiti, su ordinanza del gip, ben quindici arresti da parte della Squadra Mobile di Lecce e della Guardia di Finanza di Brindisi, come richiesto dalla Procura distrettuale antimafia.

 

 



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