Rapinarono gioielleria e supermercato di Copertino, la Cassazione annulla quattro condanne

Gli “ermellini” hanno accolto la tesi degli avvocati difensori. Questi sostenevano come si fosse trattato di un processo indiziario, senza testimoni e riscontri tecnici.

Erano accusati di due violente rapine e furono condannati sia in primo che in secondo grado. Ad otto anni di distanza dai fatti, la Corte di Cassazione ha annullato le quattro condanne, con rinvio alla Corte d’Appello per la celebrazione di un nuovo processo. Gli “ermellini” hanno accolto la tesi degli avvocati difensori. Questi sostenevano come si fosse trattato di un processo indiziario, senza testimoni e riscontri tecnici.

In primo, grado, al termine del processo con rito abbreviato, il gup aveva inflitto 5 anni e 8 mesi di reclusione per i copertinesi Gianluca Calabrese, 35 anni ed Andrea Riccardo Frisenda, anch’egli 35enne, 5 anni per Cosimo Salvatore Suppressa 34 anni e 5 anni e 2 mesi per Mirko D’Adamo, 34 anni. Tali condanne furono confermate in Appello.

Tutti gli imputati rispondevano dei reati di rapina, violenza privata, furto d’auto, danneggiamento. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Mario Ciardo, Ladislao Massari e Giovanni e Gabriele Valentini.

I quattro copertinesi furono arrestati il 23 maggio 2014, perché ritenuti responsabili delle rapine del 9 gennaio e del 5 febbraio dello stesso anno. La prima compiuta ai danni di un supermercato. Il titolare dell’esercizio commerciale, dopo avere chiuso, sarebbe stato costretto da Frisenda e Calabrese sotto la minaccia dell’arma, a disinserire l’allarme. Dopo averlo rinchiuso in macchina, i due rapinatori sarebbero entrati nel supermercato e si sarebbero appropriati di circa 3.000 euro e di un televisore.

Nel secondo caso, invece, la rapina venne compiuta ai danni di una gioielleria di Copertino. In questa circostanza, Calabrese, Suppressa e D’Adamo avrebbero fermato per strada il titolare, costringendolo (sempre sotto minaccia della pistola e dopo che aveva provveduto a chiudere), a fornirgli il codice del sistema d’allarme. I tre rapinatori avrebbero così avuto facile accesso nella gioielleria e si sarebbero impossessati di 40.000 euro.

Inoltre, avrebbero posto in “ostaggio” il gioielliere in un luogo isolato e gli avrebbero sottratto anche la somma di 200 euro che aveva addosso.

Come detto, tali accuse verso in presunti responsabili saranno vagliate nel corso di un nuovo processo di Appello.



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