Bancarotta fraudolenta, Rocco Chetta condannato a 3 anni e mezzo, prescrizione per tutti gli imputati 

Invece, Massimo Fait è stato assolto “per non aver commesso il fatto”. Secondo l’accusa, nove persone, a seconda del ruolo e delle funzioni rivestite all’interno della Nature s.r.l., avrebbero contributo alla bancarotta della società.

bancarotta

Avrebbero contributo alla bancarotta di una grossa azienda ma per gran parte degli addebiti, nove persone sono state prosciolte dall’accusa per intervenuta prescrizione.

La sentenza

La sentenza è stata emessa dal collegio della prima sezione penale. Sul banco degli imputati: l’imprenditore attivo nel ramo vinicolo e della distillazione di liquori, Rocco Antonio Chetta, 69 anni originario di Taviano ma residente a Lecce, in qualità di amministratore di fatto della Nature s.r.l.(attenzione, qui bisogna fare una distinzione precisa. Si specifica, infatti, che non si tratta della stessa azienda “Nature s.r.l” – attiva nel commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli – che invece ha la propria sede legale a Nardò ed è operativa presso la zona industriale neretina.).

Francesca Cerina Chetta, 42enne di Lecce, Luigi Favaron, 72enne di Lecce, Antonio De Iaco, 60 anni di Alliste, Massimo Fait, 70enne di Squinzano, amministratori succedutisi tra ottobre del 2000 e marzo del 2003; Luciano Campobasso, 74 anni di Lecce, Amedeo Mele, 71 anni leccese e Fulvio D’Ambrosio, 70enne di Lecce, nel ruolo di “sindaci” effettivi della società.  questi rispondevano di: bancarotta fraudolenta, patrimoniale documentale, ma è arrivato per tutti il proscioglimento, perché il reato risulta oramai prescritto. I giudici hanno però condannato Rocco Antonio Chetta alla pena di 3 anni e 6 mesi per un episodio di bancarotta fraudolenta documentale. Invece, Massimo Fait è stato assolto “per non aver commesso il fatto”.

Le accuse

Secondo l’accusa rappresentata dal pm Giovanni De Palma, gli imputati, a seconda del ruolo e delle funzioni rivestite all’interno della società (dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Lecce, il 6 dicembre del 2003) avrebbero:  occultato i libri e le scritture  contabili; impedito la verifica relativa alla destinazione delle rimanenze di merce, per un valore di oltre cinque miliardi delle vecchie lire, di una lussuosa autovettura e della ingente somma contenuta nella Cassa Contante. Non solo, anche la movimentazione delle immobilizzazioni materiali (macchinari, terreni, attrezzature varie) per un valore superiore ai venti miliardi di lire.

Il collegio difensivo

Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Amilcare Tana, Francesco Vergine, Renata Minafra, Francesca Conte e Marcello Marcuccio.

 



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