«Sapere che esiste un “fantasma che mi guarda”, che controlla ogni mia mossa, che continua ad importunarmi senza sapere da chi o cosa mi devo difendere, mi crea disagio, mi inquieta e mi impedisce di essere serena».
È con queste parole che Viviana, 35enne di Zollino ha raccontato l’incubo vissuto, la sensazione terrificante di essere controllata e pedinata. Un inferno durato quasi un anno, dal luglio del 2015 al maggio del 2016.
Tre le denunce presentate agli uomini della Polizia Postale in cui la donna ha messo nero su bianco la paura provata ogni volta che apriva Facebook e trovava messaggi contenenti foto spinte, allusioni sessuali, battutine di cattivo gusto.
L’uomo, che nei diversi tentativi di “approccio social” ha usato sempre nomi finti, per convincere la 35enne ad accettare la sua richiesta di amicizia dimostrava di conoscere dei dettagli della sua vita privata: le descriveva i vestiti indossati, le raccontava della sua abitudine di andare a lavoro in bicicletta, le scriveva particolari che in pochi potevano sapere come il modello dell’auto.
Inutili i tentativi della poveretta di respingere il suo molestatore: ogni volta tornava alla carica, nascondendosi dietro i falsi profili social di Andrea Pirro” o “Alessandro Wind”.
La macchina investigativa ha fatto il resto: alla fine si è scoperto che il presunto stalker altro non era che un insospettabile collega dell’azienda farmaceutica dove la donna lavora. Per dodici anni avevano lavorato fianco a fianco.
Alessandro P., 48enne di San Cesario di Lecce, ora è stato rinviato a giudizio dal giudice per le udienze preliminari Alcide Maritati, come richiesto dal pubblico ministero Maria Rosaria Micucci.
L’accusa è quella di atti persecutori (aggravati dall’uso di mezzi telematici). L’imputato è difeso dall’avvocato Michele Reale.
La donna, invece, è stata ammessa parte civile con il suo difensore di fiducia, l’avvocato Giuseppe Talò.
