La storia che voglio raccontare può non sembrare in linea con i tempi che stiamo attraversando e con l’accordo di Pace finalmente stipulato (speriamo che sia mantenuto) tra Israele ed i terroristi di Hamas ma non è così.
Il protagonista di questa storia si chiama JanKozieleweski, nome di battaglia JanKarski. Questo nome alla maggior parte delle persone e soprattutto alle giovani generazioni risulterà un perfetto sconosciuto ma, nella prima metà del novecento, durante la seconda guerra mondiale, nella fase di maggior attuazione di quell’abominio ed atrocità che si chiama Shoah, ha rappresentato la sola àncora di salvezza degli ebrei polacchi, europei e di tutti coloro i quali erano perseguitati a motivo della loro appartenenza religiosa, etnica, culturale e politica.
JanKarski nacque a Lòdz nel 1914, in Polonia, in una città evoluta nella produzione tessile, di opportunità lavorativa per tante persone che in quegli anni cercavano di sbarcare il lunario. In questa cittadina vivevano pacificamente ebrei, cattolici, rom e sinti, e persone di altre nazioni ed è per questo che Karski imparò dalla madre il valore del rispetto e della convivenza. Dopo aver concluso gli studi universitari specializzandosi in diplomazia, dovette arruolarsi nell’esercito polacco allo scoppio della seconda guerra mondiale, quando i nazisti il 1 settembre 1939 invasero la Polonia occidentale. Il 17 settembre dello stesso anno i sovietici occuparono la parte orientale, in base al Patto Nazi-Sovietico Molotov-Robbentrop. JanKarski riuscì a sfuggire da un treno in corsa dopo che i russi, avendolo catturato, lo consegnarono ai tedeschi per uno scambio di prigionieri e lo stavano trasferendo in un campo di lavoro. Giunto a Varsavia si mise a disposizione del governo clandestino, per svolgere il ruolo di corriere e messaggero con il governo polacco in esilio prima ad Angers in Francia e poi a Londra in Inghilterra. La missione di corriere intrapresa da Karski, aveva l’iniziale scopo di informare il governo polacco in esilio della situazione generale in Polonia, stretta nella morsa nazista e sovietica. In questa fase raccontò in che modo si stava organizzando la resistenza polacca nell’ostacolare gli invasori e quali erano le difficoltà riscontrate. Nella seconda fase quella di salvare quante più vite umane possibili facendo presente al suo governo che, i cittadini polacchi, erano esposti al pericolo di essere arrestati ed uccisi per la loro appartenenza alla resistenza, alle gravi difficoltà degli ebrei picchiati barbaramente per strada ed a volte uccisi, e del razionamento obbligatorio del cibo per tutti i cittadini polacchi per questo obbligati ad acquistare alla borsa nera che vendeva quei beni di prima necessità a prezzi altissimi. Nell’ultima missione, sempre dal governo polacco in esilio a Londra, fu in inviato nel ghetto ebraico di Varsavia nell’agosto del 1942 da dove, il mese precedente erano stati deportato a Treblinka duecentocinquanta mila persone tra uomini donne e bambini. Il suo compito era quello di documentare la persecuzione e il massacro degli ebrei e riferire agli americani e agli inglesi la verità sull’Olocausto. Fu accompagnato nella visita del ghetto dal responsabile sionista MenachemKirschenbaum e dall’avvocato e responsabile del sindacato dei lavoratori ebrei Leon Feiner che per tutta la durata della visita continuò a mormorargli: <<Ricordati di questo, ricordalo!>>. Gli abitanti del ghetto morivano ogni giorno per fame e malattie, ed i cadaveri erano sparsi per le strade. Finita la Missione Karski, agli inizi del 1943, incontrò il Ministro degli Esteri britannico Anthony Eden e, nell’estate del 1943, il Presidente degli Stati Uniti DelanoRoosevelt, come pure i principali esponenti delle comunità ebraiche dei due Paesi. Ai suoi racconti, gran parte di loro ebbero una reazione di incredulità, simile a quella di Felix Frankfurter, giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, egli stesso ebreo, che gli disse: <<Signor Karski, un uomo come me che parla con un uomo come lei deve essere del tutto sincero. Così io devo ammettere: non riesco proprio a crederle>>.Karski chiese più volte al Presidente americano di bombardare i binari ed i campi di sterminio e lui, trovando alcune scuse prive di fondamento, cambiava discorso promettendo che a guerra finita avrebbe fatto giustizia di tutti quei nazisti che erano responsabili dell’uccisione degli ebrei e delle altre vittime perseguitate ingiustamente.Karski presentò la sua testimonianza anche a politici, vescovi, giornalisti ed artisti, ma nessuno si interessò veramente a quanto diceva. Nel 1944 scrisse “La mia testimonianza davanti al mondo. Storia di uno stato segreto dedicato al governo polacco in esilio”.Nessuno fece niente per i sei milioni di ebrei periti nei lager nazisti e per gli oltre tredici milioni di altri deportati nei lager, se non singole persone mosse da spirito di carità e di sacrificio.
Anche oggi, l’intera Europa è stata indifferente alla tragedia che si è consumata tra due popoli innocenti, martoriati e sofferenti. La storia dell’eroe polacco, dopo la seconda guerra mondiale, finì nel dimenticatoio a causa dei nuovi equilibri mondiali e a motivo della situazione in Polonia totalmente sotto il gioco sovietico. Solo negli anni ottanta la sua storia tornò alla ribalta e la sua testimonianza al mondo portò molti studiosi e ricercatori a riscrivere parti degli eventi più significativi del Novecento che, sino a qualche anno prima erano raccontati esaltando solo le gesta degli anglo-americani e dei loro alleati. Kasrki morì nel 2001, a Washington, dopo anni spesi come professore di diritto delle relazioni internazionali all’Università di Georgetown. In questi anni, tante volte, si sono preferite strategie militari rispetto alla vita umana, agli appelli alla Pace di singole persone, di pochi uomini di potere. È grazie a persone come JanKarski che, ancora oggi, possiamo parlare di Pace, non solo a quella gridata nelle piazze, ma a quella voluta e attuata.
