Si è aperto ufficialmente e con grande entusiasmo il Festival del Cinema Europeo ieri sera alle 20 al cinema Massimo con la proiezione di “Rudy Valentino” di Nico Cirasola, presentato dallo staff quasi al completo.
Gli attori Pietro Masotti, che tiene a chiarire di non pretendere l’appellativo di “nuovo Valentino”, anche se lo rappresenta nella pellicoa con una naturalezza sconcertante, affiancato da Nicola Nocella, nella finzione, capocomico di un improbabile compagnia, nonché “secondo Valentino”, molto a modo suo, e ancora uno splendido.

Haber nel ruolo di Gabriele D’annunzio e semplicemente Claudia Cardinale, nel ruolo della zia del divo.
Raccontare la storia di Valentino è stata quasi un’ossessione fin dai tempi del suo “Odore di pioggia” 1989, sostiene il regista. Poche le biografie attendibili del divo, ma in quella della di sua moglie Natacha Rambova (nel film, interpretata molto credibilmente da Tatiana Luter) il maestro Cirasola legge del ritorno del divo alla sua originaria Castellaneta. E’ un film di grandissimo coraggio, che intreccia più livelli di finzione e di realtà, perdendosi e ritrovandosi in tinte anche malinconiche come lo è spesso tornare a casa. Ambientare uno dei piani della narrazione nel presente è stata una felice idea degli sceneggiatori Lucia Diroma, moglie del regista, e Luigi Sardiello, critico, scrittore, sceneggiatore e regista tra gli altri de “Il pasticciere”, prodotto sempre da Bunker Lab nel 2012.
Protagonista indiscusso della prima giornata del Festival del Cinema Europeo di Lecce è il regista inglese Micheal Winterbottom, che incontrerà il pubblico al cinema Massimo in sala 2 questa sera alle 20.30, dove riceverà L’ulivo d’oro alla carriera nel corso dell’intervista con il professore Luca Bandirali.
Winterbottom, sostiene Bandirali in conferenza stampa, lo definisce un regista viaggiatore, che sembra scoprire le storie esplorando gli spazi. Grande cineasta del cinema del reale, ma anche regista di commedie e prodotti come la spassosissima serie “ The Trip to italy”. Micheal Winterbottom sembra essere un caso unico nel panorama del cinema europeo per l’estrema eterogeneità dei suoi lavori, dei suoi studi e dei suoi linguaggi nel segno della varietà, mai della ripetizione. Winterbottom spazia dal cinema alla televisione godendo delle peculiarità che ciascuno dei due mezzi può offrirgli, usando ogni progetto come una possibilità di ricerca verso un altro spazio, forse per questo ama i road movies. Il presidente della film commission, come scherzosamente (ma non troppo) Alberto La Monica, lo invitano a girare ancora in Italia, perché pare abbia passato molto tempo nel nostro paese. Proprio in Italia fu ospite del Festival di Torino prima ancora del suo felicissimo esordio con “Butterfly kiss” 1995, anche per questo è importante che sia qui a Lecce oggi.
Il regista, alla domanda se non abbia in mente di raccontare ciò che accade in Siria, risponde che si è ripromesso di non rappresentare più la professione del giornalismo, come vent’anni fa in “Wellcome to Sarajevo” proprio perché sono mutate le condizioni stesse di questa professione. Ora si tratta spesso di giovanissimi blogger free lance, che corrono un altissimo rischio senza nessuna testata di riferimento a sostenerli. Forse, il taglio del racconto sarebbe più sul domandarsi cosa accade realmente in quei territori e cosa ci viene detto del conflitto in Siria, come arriviamo a farci una nostra idea. Winterbottom attualmente sta lavorando a due progetti: “The Wedding guest”, una sorta di road movie ambientato totalmente in India, interpretato da Dev Patel (protagonista di Lion) e la commedia “Greed” [avidità] sulla figura di un miliardario, proprietario di una catena di grandi magazzini, che, nonostante i suoi disastri finanziari, organizza feste lussureggianti vestendo i panni dell’imperatore davanti ai suoi colleghi miliardari. Se il tema sembra rimandare indirettamente alla crisi degli ultimi dieci anni e al drammatico acuirsi delle differenze sociali, Micheal Winterbottom sostiene che, laddove ci sia un messaggio, il veicolo migliore è la storia in sé, in questo caso molto divertente, tranne per il protagonista. I suoi film nascono da un incontro, diciamo, casuale con una storia, che innesca il grandissimo lavoro che c’è dietro ad un film fino a trovare il produttore che lo finanzi, e lui, con la semplicità dei grandi, si ritiene in questo molto fortunato.
Dopo l’incontro con il pubblico verrà proiettato “Cose di questo mondo” 2002 (scelto dal regista stesso): Il viaggio impossibile di due cugini afghani dal campo profughi di Shamshatoo verso l’Inghilterra, attraverso l’Iran, il Kurdistan e la Turchia.
Annalisa Aprile




