“Questa mostra è un progetto che unisce le vocazioni del Museo Castromediano, dall’archeologia alla storia dell’arte, dalle attenzioni verso gli archivi, all’impegno sul restauro: perciò l’omaggio a Stasi è un vero e proprio paradigma, che fa del nostro impegno di studio e ricerca un ulteriore punto di partenza per nuove visioni aperta alla comunità”, con queste parole Luigi De Luca, direttore del Polo biblio-museale di Lecce, commenta la mostra dal titolo “Paolo Emilio Stasi. Pittore e archeologo in Terra d’Otranto tra Otto e Novecento”, di cui è anche coordinatore, che sarà curata da Brizia Minerva, Annalucia Tempesta, Michele Afferri e Salvatore Bianco, autori anche dei contributi testuali che a breve saranno pubblicati sul catalogo concepito per l’occasione
Nel centenario della sua scomparsa, il Museo Castromediano dedica un importante progetto a una delle personalità più stimolanti e meno note della cultura di Terra d’Otranto di fine Otto e inizi Novecento: Paolo Emilio Stasi.
Nato a Spongano, pittore, archeologo, pensatore illuminato, è al centro di un progetto che include opere d’arte, reperti archeologici, fotografie, documenti e altri materiali provenienti da collezioni private e dalle raccolte del Museo Castromediano. Le opere, provenienti dalle collezioni degli eredi, sono state oggetto di un importante lavoro di restauro, realizzato dai restauratori Mary Coppola e Giuseppe Tritto. Da settembre 2022 ad oggi infatti le operazioni di restauro conservativo – consolidamento della pellicola pittorica, applicazione di fasce perimetrali, pulitura, stuccature e integrazione pittorica – hanno interessato 35 opere tra dipinti su tela, cartone pressato, compensato e disegni su carta. Il Museo Castromediano pertanto per questa mostra ha messo in campo tutte le sue professionalità, dal settore storico-artistico, a quello archeologico, all’ambito del restauro.
Esponente della pittura napoletana del tardo Ottocento, Stasi si forma a Napoli, dove era studente di farmacia negli anni 1865-66, con i maggiori maestri di quel periodo, tra cui il salentino Gioacchino Toma. Rientrato in Terra d’Otranto insegna disegno presso il Real Ginnasio “Capece” di Maglie e diviene figura di riferimento per pittori quali Giuseppe Casciaro e Vincenzo Ciardo.
La produzione pittorica – ritrattistica, soggetti sacri, paesaggi e nature morte – è poco conosciuta da studiosi e grande pubblico. Stasi, infatti, non ha effettuato in vita operazioni commerciali ed espositive della propria produzione, a parte alcuni ritratti commissionati da famiglie amiche o le pale d’altare nelle chiese matrici di Nociglia e Castrignano del Capo.
Dal 1870 si appassiona alle ricerche paleontologiche condotte in Terra d’Otranto da Ulderico Botti, toscano di nascita e consigliere prefettizio a Lecce, formatosi presso la Cattedra di Antropologia di Firenze. Seguendo le orme del Botti, Stasi scopre delle “brecce ossifere” sulle scogliere di Castro (pietrame sgretolato dal freddo dell’ultimo glaciale, poi trasportato dalle acque insieme a resti di faune fossili presenti sul terreno e quindi cementato nelle terre rosse locali).
Scopre anche il deposito preistorico di Grotta Romanelli, in cui esegue dei saggi poi editi nel 1904 insieme con Ettore Regàlia del Gabinetto di Paleontologia di Firenze. La scoperta del primo sito del Paleolitico superiore in Italia viene smentita nel 1905 dalla Scienza accademica rappresentata da Luigi Pigorini della Cattedra di Paletnologia di Roma. L. Pigorini per 40 anni ha affermato l’inesistenza del Paleolitico superiore in Italia solo per motivi ideologici. L’Italia sarebbe stata colonizzata da ondate etniche indoeuropee nell’età del Bronzo, che avrebbero dato origine alle genti italiche grazie alle quali sarebbe sorta la grandezza di Roma.
Ciò nonostante la scoperta di Stasi-Regàlia sarà riconosciuta da molti studiosi, in particolare a seguito degli scavi ripresi in Romanelli dal Barone Gian Alberto Blanc nel 1914 su incarico ministeriale. Questi riconosce la tesi d Stasi-Regàlia mettendo fine alla disputa tra la Cattedra di Paletnologia di Roma e quella di Antropologia di Firenze, cui afferivano P.E. Stasi ed E. Regàlia.
A causa di quella disputa scientifica Stasi, dal 1904 al 1914, attraversa un periodo di emarginazione grazie alla borghesia e agli esponenti della cultura di Terra d’Otranto. Determinata appare, nonostante le garbate lettere intercorse tra loro, la sottile chiusura di Cosimo De Giorgi, che continua a nutrire dubbi sull’operato scientifico di Stasi e ad intrattenere rapporti con Luigi Pigorini, che invita più volte in Terra D’Otranto al fine di valorizzare quelli che considerava i monumenti simbolo della preistoria locale (menhir, dolmen).
A distanza di un secolo tale giudizio tende a ridimensionare ancora lo Stasi archeologo, ma anche lo Stasi pittore, la cui produzione localmente è stata ritenuta mediocre.
Oggi, il Museo Castromediano intende recuperare la sua figura come pioniere di studi preistorici (Grotta Romanelli, Grotta Zinzulusa di Castro, Cunicoli dei Diavoli di Porto Badisco) e come esponente in Terra d’Otranto della pittura “napoletana” di fine ‘800-inizi ‘900.
La mostra sarà visitabile fino al 31 gennaio 2023, tutti i giorni dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 20.