“Trattato della lontananza” di Antonio Prete non è solo un libro. È scrigno dell’invisibile che non ha forma e non si cattura con l’occhio o con l’orecchio perché non ha colore e non ha suono. Eppure alla lontananza Prete dona sostanza attraverso il ritmo e la voce del linguaggio. L’informe prende forma nelle figure della letteratura e delle arti che, la lontananza, l’hanno soppesata, svelata, interrogata.
In un periodo storico, quale è il nostro, nel quale più che mai abbiamo compreso cosa significhi essere lontani, Astragali Teatro presenta “Il trattato della lontananza” (Bollati Boringhieri) Venerdì 12 giugno alle ore 18.30, in un incontro online organizzato per dialogare con l’autore.
L’evento rientra nel progetto #Taotor di Astragali Teatro che, con sei nuovi appuntamenti in streaming sulla piattaforma Grotomeeting, prosegue con le iniziative sul web in attesa di riprendere le attività di “spettacoli dal vivo”.
Dialogheranno con l’autore Nadia Setti (docente di Letterature comparate e Studi femminili nel Centre d’Études Féminines et d’Études de genre dell’Università di Paris 8), Vincenzo Cuomo (studioso di estetica e di filosofia della tecnica e direttore della rivista internazionale di filosofia “Kaiak. A Philosophical Journey”) e Fabio Tolledi (direttore artistico di Astràgali Teatro).
Il fantasma del lontano si manifesta in un bacio tra due innamorati nel momento dell’addio che sembra voler rallentare lo scorrere inesorabile del tempo fino a quando uno dei due salirà sul treno che lo porterà altrove; si manifesta nel saluto di un figlio che alla vigilia della partenza chieda insistentemente alla madre che cos’abbia dimenticato per scoprire che quello che ha iniziato a dimenticare è che consistenza abbia il tempo che sta trascorrendo con lei; nel pensiero di un “amore di terra lontana”, di quella terra che ci ha sostenuto nel muovere i primi passi, alla quale – anche se come girovaghi ce ne andiamo per il mondo – sempre ritorniamo.
Prete, nel suo saggio, si rende conto di quanto la questione della lontananza sia attuale, caratterizzi quotidianamente le nostre vite diventando “prossima, transitabile, persino domestica”. Ed è, forse, talmente forte il dolore provocato da questa forma di assenza, da questa condizione spaziale imparentata col vuoto e con l’inesistenza, che l’uomo si è ingegnato per annientarla, per vincerla: è la tecnica l’arma che lo aiuta a colmare il vuoto.
Una chiamata al cellulare, una videochiamata, una e-mail. Certo, surrogati della viva voce, degli sguardi e delle parole ma strumenti che offrono una possibilità: quella di non sentirsi più così lontani. L’universo della telecomunicazione accoglie la lontananza attraverso la rapidità, l’immediatezza, la simultaneità. Il trattato della lontananza insegna a non sopprimerla ma ad accoglierla attraverso un confronto con la letteratura, con le arti, con la musica, con la sensibilità di chi ha saputo narrarla, dipingerla, farne un ritmo.