
Insomma, è finito come meglio (o peggio, a seconda dei punti di vista) non poteva finire, l'incontro di ieri pomeriggio tra il leader di Forza Italia Silvio Berlusoni e il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi.
Abbiamo scoperto – o abbiamo avuto la riprova, forse – che Berlusconi e Renzi sono d'accordo su tutto. Su tutto? Sì, su tutto. E anche di più! A parte la fede calcistica, la pensano nello stesso modo su ogni risvolto della politica. Legge elettorale? La pensano nello stesso modo! Riforma del titolo V della costituzione? Uguale.Una convergenza pressochè totale che ci conferma di un dato: le larghe intese più che accanto a Enrico Letta, stanno contro l'attuale presidente del consiglio.
E non è tanto la forma dell'incontro tra Renzi e Berlusconi a dover preoccupare il premier e tutti i filogovernativi (molti, infatti, hanno addebitato al Rottamatore la responsabilità di riportare sulla scena il Cavaliere dopo un forzato isolazionismo) quanto la sostanza della piattaforma di accordo. Un esempio? La legge elettorale, dicevamo. Si va verso un sistema che consolida i grandi partiti e fa scricchiolare le fondamenta sulle quali poggia il consenso dei partiti più piccoli (guarda caso alleati principali di Letta). Non ha sorpreso nessuno che Schifani e l'intero Ncd abbiano rimproverato il Pd per la scelta di un' intesa con BerluscOni che li ha scavalcati, bypassati e messi da parte.La strada del Governo è tutta in salita, mentre il Presidente di Confindustria chiede stabilità per evitare di far svaporare i primi segnali di ripresa.
Stabilità? All'orizzonte se ne vede poca. Renzi, forse, va troppo veloce e ogni tanto di accelerata in acceelerata rischia di strappare, ma qualcun altro va certamente troppo lento e gattopardescamente non desidera nemmeno compiere un passo. La stabilità è certamente un valore, ma la chiarezza istituzionale non è da meno.