Arcelor Mittal restituisce l’Ilva all’Italia, colpo al cuore industriale della Puglia

Il Governo è al lavoro per dare un futuro all’Ilva, che conta oltre 10mila posti di lavoro, dopo la decisione di Arcelor Mittal di restituirla allo Stato.

La notizia era nell’aria dopo la cancellazione dello scudo legale e i provvedimenti emessi dal Tribunale Penale che obbligavano i commissari straordinari dell’azienda siderurgica a ‘completare’ alcune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019, pena lo spegnimento dell’altoforno numero 2. Ora, con una lettera ufficiale, Arcelor Mittal ha deciso di restituire l’Ilva allo Stato italiano. Così ad un anno dall’arrivo a Taranto, il gruppo francoindiano ha comunicato la sua volontà di rescindere l’accordo per l’affitto e il successivo acquisto condizionato dei rami d’azienda di Ilva Spa e di altre controllate chiuso nel 2018.

A rischio non c’è solo il futuro degli stabilimenti (Taranto, ma anche gli insediamenti di Novi Ligure e di Cornigliano), ma quello di 10.700 lavoratori che vedono sfumare la possibilità di ottenere un contratto a tempo indeterminato che sarebbe giunto soltanto con l’avvenuta acquisizione.

Addio in 30 giorni

«Con effetto dal 3 novembre 2019 – si legge nel comunicato – il Parlamento italiano ha eliminato la protezione legale necessaria alla Società per attuare il suo piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale». A ‘giustificare’ l’addio, quindi, l’assenza di immunità penale – voluta dal Governo attraverso un emendamento al decreto Salva-Imprese – ma anche la crisi del mercato dell’acciaio che non va e ‘causa’ perdite di 2 miliardi al giorno.

«In aggiunta – prosegue – i provvedimenti emessi dal Tribunale penale di Taranto che obbligano i Commissari straordinari di Ilva a completare talune prescrizioni entro il 13 dicembre 2019 – termine che gli stessi Commissari hanno ritenuto impossibile da rispettare – pena lo spegnimento dell’altoforno numero 2», ma lo stop forzato renderebbe impossibile per la multinazionale attuare il suo piano industriale, gestire lo stabilimento di Taranto e, in generale, eseguire il Contratto. Insomma, una «incertezza giuridica e operativa» che avrebbe spinto verso questa decisione.

Le reazioni politiche

«Vorrei solo dire a chi ha votato contro lo ‘scudo penale’ Ilva – Pd, M5S e Italia Viva – siete degli irresponsabili. Avete distrutto il lavoro di anni e mandato via dal Sud un investitore da 4,2 miliardi, per i vostri giochini politici da 4 soldi» scrive l’ex-ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, su Twitter.

«Poiché non è assolutamente il caso di lucrare politicamente su una vicenda così delicata e che rischia di produrre danni enormi per Taranto, il Mezzogiorno, il sistema paese ricordo a chi oggi dalla destra si esibisce in dichiarazioni che il Decreto crescita del giugno 2019, dove era stato cancellato lo scudo teso a garantire l’attuazione del Piano ambientale, era stato approvato grazie anche alla Lega» ha dichiarato il Ministro delle politiche agricole e forestali Teresa Bellanova chiedendo ad Arcelor Mittal di fare un passo indietro e di recedere dai propositi annunciati. Il gruppo si era impegnato a fare investimenti ambientali per 1,1 miliardi, industriali per 1,2 miliardi e a pagare l’azienda, una volta concluso il periodo di affitto, 1,8 miliardi di euro, da cui detrarre però i canoni già versati.

I sindacati: capolavoro di incapacità politica

«Apprendiamo la notizia della volontá di ArcelorMittal di comunicare ai commissari la volontà di recedere il contratto. Significa che partono da oggi i 25 giorni per cui lavoratori e impianti ex Ilva torneranno all’Amministrazione Straordinaria. Tra le motivazioni principali, il pasticcio del Salva-imprese sullo scudo penale. Un capolavoro di incompetenza e pavidità politica: non ha disinnescato la bomba ambientale. Anzi, l’ha unita alla bomba sociale». Lo afferma il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli.
«La volontà di Arcelor Mittal di rescindere il contratto per l’acquisizione dell’Ilva è un fatto grave che chiama in causa la responsabilità del Governo. Siamo davanti ad un vero disastro industriale, sociale ed ambientale» ha dichiarato Annamaria Furlan, segretario generale della Cisl.

Il governo: “Ilva non chiuderà”

La mossa ha spinto il Governo a convocare un vertice d’urgenza al ministero dello Sviluppo Economico al quale parteciperanno, oltre a Stefano Patuanelli, i ministri per il Sud e per l’Ambiente, Giuseppe Provenzano e Sergio Costa, e anche Roberto Speranza e Nunzia Catalfo, rispettivamente titolari della Salute e del Lavoro. In forse, ma possibile, la presenza del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri.

“Il governo non consentirà la chiusura dell’Ilva – spiegano fonti presenti al tavolo – Non esistono presupposti giuridici per il recesso del contratto. Convocheremo immediatamente Mittal a Roma”.