Ateneo islamico, è necessario prima di tutto un discorso sui fini

La discussione sull’Università dell’Islam da ubicare a Lecce presso l’Ex Manifattura Tabacchi di Via Dalmazio Birago entra nel vivo. Ponte tra culture o fossato insormontabile? L’intervento della dirigente nazionale di Fratelli d’Italia

L'editoriale di Tiziana Montinari*

La querelle sulla possibile apertura dell'Ateneo Islamico a Lecce che vede unito mondo accademico, politico e dell’imprenditoria in un unico dibattito pone un interrogativo di rilievo etico. 

Le affermazioni del leghista Matteo Salvini appaiono come uno sterile voler tirare acqua al mulino del razzismo nello stile massimalista che lo contraddistingue gettando ombre su quelle che sono le reali ragioni del dubbio su una scelta non condivisibile da tutti. La polemica sul razzismo è pleonastica ed offensiva dell'apertura culturale e dello spirito d'accoglienza che connota l'intera comunità leccese e le istituzioni locali da sempre attente alle tematiche dell'integrazione.

L’allettante possibilità di fare del Salento un trait d’union culturale nel  Mediterraneo cozza con la particolare connotazione identitaria “islamica”  che contraddistingue l'istituendo Ateneo e che lo rende quindi settario. L'istintivo sillogismo tra islamismo e fanatismo religioso, al quale i fatti di cronaca ci hanno abituati, fa legittimamente il resto. Obiettivamente sarebbe prioritario continuare a lottare per l'attivazione dei corsi di laurea in agraria ed in medicina da anni sollecitata dal nostro ateneo. 

Non condivido, inoltre, la scelta di destinare ex-manifattura ad uso privato quando invece sarebbe più ragionevole farne un centro di accoglienza per bisognosi in stato di povertà che potrebbero fruire di servizi socio-sanitari al suo interno.

*Dirigente Nazionale e Referente territoriale Lecce Dip. Tutela Vittime FdI-AN.



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