Domani le Elezioni Primarie del Partito Democratico. Fronzi, “Partecipare per cambiare”

Alla vigilia della consultazione per eleggere il Segretario del partito riceviamo e pubblichiamo l’editoriale del Vicepresidente Regionale del Pd.

Due segnali andrebbero colti dopo le elezioni in Abruzzo e in Sardegna. Il primo: il centrosinistra, dato con sbrigativa supponenza per spacciato, non lo è affatto. Il secondo: possiamo essere davvero competitivi solo recuperando i caratteri del campo aperto (di centrosinistra). Queste due indicazioni, per un verso, ci offrono la possibilità di coltivare nuove speranze e, per altro verso, costituiscono elementi di riflessione in vista delle primarie di domenica 3 marzo.

Oramai ci siamo. Tra una manciata di ore conosceremo il prossimo segretario del Partito Democratico. Questo accadrà, a meno che nessuno dei tre candidati superi il 50%, nel qual caso spetterebbe all’Assemblea nazionale eleggere il segretario. Mettendo da parte questa seconda ipotesi, ahinoi, tutt’altro che improbabile, resta sul tavolo la questione centrale: quale Pd dopo il 3 marzo?

La traversata nel deserto iniziata il 4 marzo 2018 e preceduta da anni difficili, ma anche in parte produttivi, non si è certo conclusa. I risultati positivi dei governi a guida centrosinistra non sono stati sufficienti per convincere l’elettorato, quello che consideravamo il nostro elettorato tradizionale, a rinnovare la fiducia nei nostri confronti. Quella fiducia abbiamo iniziato a perderla diversi anni fa, subito dopo il lusinghiero ma, ovviamente, non definitivo 40% ottenuto alle elezioni europee del 2014. Al di là della crisi della sinistra a livello europeo e internazionale, le cause specifiche, tutte italiane, del tracollo del Partito Democratico sono il prodotto di una progressiva incapacità di leggere e interpretare i cambiamenti sociali e culturali dell’ultimo ventennio, ma anche di una stagione, quella che genericamente definiamo “renziana”, iniziata con la rottamazione e finita con uno sbadiglio. Il lancia fiamme, nella cui forza distruttrice si era confidato per fare piazza pulita dei ferri vecchi, alla fine è servito a sfibrare un campo politico e a cuocere i popcorn. Delizia per certi palati, ma più adatti ad accompagnare i momenti di intrattenimento che a fare politica. Torniamo, allora, a fare politica, cogliendo appieno l’occasione delle primarie per restituire al Pd un orientamento in linea con le attese, le aspettative e le speranze degli elettori di centrosinistra. È allora evidente che il Pd che nascerà avrà innanzitutto il dovere di ricostruire un campo largo, plurale, inclusivo, rappresentativo delle energie e delle forze che lo animano. Com’è altrettanto evidente che non si può pensare di raggiungere questo risultato con fuochi incrociati, veti personali, minacce di fuoriuscita, errori nella comunicazione, sottovalutazioni, chiusure e rinvii. Alle prossime elezioni europee dobbiamo arrivarci con un’identità chiara, riconoscibile e che non può che collocarsi nella migliore tradizione del centrosinistra italiano, che non strizza l’occhio al cosiddetto elettorato moderato di centrodestra, il quale ha già fin troppi riferimenti tra i quali scegliere. Non è tempo per le ambiguità, per l’opacità, per il caos o le risse. La costruzione di una piattaforma politico-programmatica attorno a cui costruire un’alternativa, su cui siamo chiamati a misurarci, non può prescindere da una sterzata netta e dal passaggio da un registro conflittuale a un dialogo, come direbbe Habermas, orientato all’intesa.

Identità, credibilità e rappresentatività sono i pilastri su cui il prossimo segretario nazionale, che spero possa essere Nicola Zingaretti, dovrà ricostruire il Partito Democratico, ricostituendo un sentimento di fiducia e un’interlocuzione nuova con i militanti, gli elettori, i cittadini e tutti gli attori sociali che animano le nostre comunità. Il Pd dovrà tornare ad avere uno sguardo lungo e dovrà fare energicamente richiamo alla responsabilità che, come singoli e come comunità politica, abbiamo nei confronti dei nostri territori, del Sud e del Paese. Sono convinto che la discontinuità che ci viene richiesta e che, anzi, è necessaria per poter rilanciare un progetto aperto e federativo passi per le urne e i gazebo del 3 marzo prossimo, giorno in cui si potrà scegliere una strada diversa rispetto a quella che abbiamo percorso negli ultimi anni. L’esortazione a partecipare a questa grande mobilitazionenazionale va di pari passo con l’invito a cambiare linea politica, obiettivi, interlocutori. Queste primarie sono effettivamente qualcosa di più di una consultazione interna: in ballo c’è il destino del centrosinistra e la tenuta democratica del nostro Paese. Il Partito Democratico ha bisogno di una nuova guida, capace di sintetizzare in sé una storia politica chiara, una convinta proiezione verso il futuro, la volontà di rinnovare a tutti i livelli il Pd e l’intenzione energica di riannodare i tanti fili allentati o spezzati. Nicola Zingaretti è la persona giusta per guidare questo processo di cambiamento, di rinnovamento e di rilancio, che tuttavia non trascuri i principi e gli ideali propri della nostra tradizione politica.Non si tratta di un’“operazione nostalgia”, ma di una strategia di resistenza democratica e di un articolato progetto di ricostruzione di un campo politico.

*Vicepresidente Partito Democratico Puglia



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