«Siamo la generazione Erasmus» Renzi lancia il semestre italiano alla guida dell”™Europa

Il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in un messaggio pubblicato sul sito della presidenza del Consiglio Ue lancia il semestre guidato dall”™Italia. Ci toccherà rappresentare l”™Europa nel consesso continentale e internazionale. Una grande opportunità, insomma. Anche per il Me

Il Presidente del Consiglio lancia il semestre europeo in cui spetterà all’Italia il ruolo di rappresentanza dell’Unione Europea nel consesso continentale ed internazionale.

«Il tema dell’Europa è dire ai nostri figli, noi che siamo la generazione Erasmus, che è possibile che l’Europa oggi sia il luogo in cui è possibile la speranza».

Che Matteo Renzi sia un comunicatore efficacissimo lo sapevamo tutti: anzi per molti quella è la sua migliore dote, per tanti altri potrebbe trasformarsi nell’ostacolo dell’inciampo.

Ma stavolta non importa. Stavolta non contano le valutazioni personali e il credo politico. Quello che resta è che il nostro Premier, comunque la si pensi, ha lanciato il semestre di presidenza italiana dell’Ue con un accostamento perfetto: “Siamo la Generazione Erasmus. Abbiamo il dovere di far tornare in Europa quello spirito che animava gli studenti che si spostavano da un Ateneo ad un altro per conoscere il Vecchio Continente.”

Già, vecchio. Perché i problemi dell’Europa si condensano tutti in quell’aggettivo. La sfida è quella di trasformare l’ Europa, il Vecchio Continente appunto, non nello spazio dei limiti e delle proibizioni, lo spazio dove tutto deve essere reso complicato e incomprensibile, lo spazio della farraginosità burocratica, lo spazio delle regole messe apposta per colpire qualcuno, spesso i più deboli (certamente in passato i meno virtuosi, bisogna dirlo), lo spazio del rigore economico che mette freni e briglie ad ogni piccola gemma di ripresa. Uno spazio così penalizzante da diventare inviso soprattutto ai giovani, che dell’Europa dovrebbero essere l’anima.

L’Europa deve tornare ad essere lo spazio delle possibilità, delle opportunità, della novità. E cosa meglio dei Progetti Erasmus, i primi progetti, quelli di qualche anno fa, avvicinava l’Europa agli Europei. Nulla.

L’Erasmus era – e per certi versi è tuttora, ma con minor incisività di prima – un’ occasione unica grazie alla quale gli studenti di un università si recavano per un periodo, da tre a dodici mesi, in una università di uno Stato membro per un tirocinio di studi a spese dell’istituzione formativa. Era un modo, però, non solo di studiare. Era un modo di conoscere gli altri stati dell’Europa che si andava a formare. Le loro abitudini, le loro usanze, le loro tradizioni, la loro cultura, la loro cucina, la loro gente.
Fatta L’Europa, si facevano gli Europei. Si costruivano gli Europei.

Cos’era il programma Erasmus? Ce lo dice Wikipedia: “Il programma Erasmus, acronimo di European Region Action Scheme for the Mobility of University Students, nasce nel 1987 per opera della Comunità Europea e sancisce la possibilità a uno studente universitario europeo di effettuare in una università straniera un periodo di studio legalmente riconosciuto dalla propria università. Il nome del programma deriva dall'umanista e teologo olandese Erasmo da Rotterdam (XV secolo), che viaggiò diversi anni in tutta Europa per comprenderne le differenti culture.

Poi l’Unione Europea è diventata lo spazio delle quote, lo spazio delle proibizioni, delle ordinanze, delle strane regole come quella che apre le maglie delle reti dei pescatori e impedisce a quelli dei mari del sud di pescare i gamberi che non hanno certo le dimensioni dei pesci del mare del nord. L’Europa è diventata quella delle direttive inapplicabili, l’Europa della Bolkestein. L’Europa si è allontanata ed ha mostrato il suo lato perfidamente generoso solo nella grande abbuffata della formazione professionale. Ma anche lì si è trattato di un boomerang.

Niente di più lontano dal cuore delle persone, ed una istituzione, una nuova idea, una nuova patria nascono solo se sono condivise nel cuore e nella testa di chi le dovrebbe testimoniare.

Ha fatto bene Renzi a cominciare da lì, da quel programma. Solo un comunicatore come lui poteva sintetizzare lo spirito che deve caratterizzare la nostra presidenza.
Ma cosa toccherà fare all’Italia nei prossimi sei mesi dopo aver ereditato lo scettro dalla Grecia per lasciarlo alla Lettonia nel 2015? Ci viene incontro il sito Obiettivo Europa: “Lo Stato cui spetta la Presidenza rappresenta l'Unione europea sulla scena internazionale, agendo in stretta cooperazione con la Commissione europea. Durante il periodo di Presidenza il paese di turno prepara, coordina e presiede una serie di incontri politici: le riunioni del Consiglio dell'Unione, le riunioni dei Consigli di vari Ministeri, numerose riunioni ministeriali informali, vertici internazionali e riunioni tra l'UE ed altre nazioni tra cui quelle con i paesi in via di sviluppo. Alla fine del turno di Presidenza, il Capo di Stato o Primo Ministro deve presentare al Parlamento europeo i risultati raggiunti durante i sei mesi. Deve, inoltre, fornire una relazione sull'ultimo Consiglio UE. In più, i vari ministri devono presentare alle differenti Commissioni (ambiente, agricoltura e sviluppo rurale, ecc.) del Parlamento europeo i progressi che stanno ottenendo nel corso del semestre di Presidenza nelle aree di competenza.