«Carceri dimenticate, polizia penitenziaria allo sbando tra suicidi, aggressioni, rivolte e mancanza di personale», l’affondo di Michele Giordano

‘Investire sulla polizia penitenziaria è importante così come ridare dignità a questo fondamentale corpo delle forze dell’ordine’, queste le parole del componente della direzione cittadina di Lecce di FdI.

Che la situazione del carcere di Lecce non sia delle più facili e delle più gestibili lo si conosce dai numerosi comunicati stampa che le sigle sindacali inviano quasi quotidianamente per far conoscere le difficoltà in cui versa il personale della polizia penitenziaria nella struttura di Borgo San Nicola. La tragica notizia di un suicidio in carcere nella giornata di ieri ha soffiato sul fuoco delle polemiche ed era inevitabile che la questione entrasse anche nell’agenda della politica.

A prendere la parola Michele Giordano, componente della Direzione Cittadina di Fratelli d’Italia del Comune di Lecce e candidato al Consiglio Regionale con Fratelli d’Italia: ‘La notizia di cronaca del suicidio si aggiunge alle quotidiane aggressioni, alle rivolte e al continuo dilagare della criminalità nelle carceri italiane. Sul banco degli imputati dobbiamo mettere l’indifferenza di chi dovrebbe da anni mettere mano a una riforma del sistema penitenziario e della polizia penitenziaria, oltre al fatto che continua lo scandalo della mancanza di personale nei penitenziari, incluso quello leccese».

Giordano ha tenuto a sottolineare le parole espresse con spirito accorato da Ruggiero Damato, segretario dell’Osapp, che in una nota aveva espresso tutte le difficoltà dei poliziotti penitenziari che si sentono vittime della trascuratezza istituzionale.

«Eppure si aprono nuovi reparti – continua Michele Giordano – senza pensare ad un numero di personale che possa rendere realmente sicuro il carcere. Il legislatore, in questo settore, soffre da troppo tempo di una drammatica atrofia: per evitare che il carcere diventi l’ università della malavita, come afferma l’OSAPP, è necessario mandare in cantina la sorveglianza dinamica (quella a distanza per risparmiare personale), evitare che criminali incalliti abbiamo contatti giornalieri con chi dev’essere ancora giudicato o con chi ha commesso piccoli reati “occasionali”. Molti si sono “convertiti” alla malavita tra le sbarre. La polizia penitenziaria dovrebbe avere un proprio autonomo comandante che dovrebbe coordinarsi con il direttore del carcere (figura civile e amministrativa) e dovrebbe avere sempre voce in capitolo nei comitati per l’ordine e la sicurezza. È il momento di svegliarci prima che sia troppo tardi. Le carceri sono vulcani che rischiano di esplodere: le rivolte del periodo covid sono un avvertimento lanciato a tutta la società. Ascoltiamo l’urlo della polizia penitenziaria senza voltarci dall’altra parte, come se le carceri fossero il problema di una realtà parallela altrimenti dovremo fare di nuovo i conti con gli spari in un ospedale civile di un criminale in fuga, oppure con le carceri messe a fuoco da reclusi pieni di rabbia. Investire sulla polizia penitenziaria è importante così come ridare dignità a questo fondamentale corpo delle forze dell’ordine».



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