Umbria 2019, i ‘ribelli’ vogliono la testa di Di Maio. Barbara Lezzi: “coraggio”

La sconfitta in Umbria (forse) era nell’aria, ma mai il Movimento Cinque Stelle avrebbe pensato di crollare sotto la soglia dell’otto per cento. Trema la leadership di Luigi Di Maio, messo in discussione dai ‘ribelli’

Sbagliava Giuseppe Conte quando ha dichiarato che il voto regionale in Umbria, piccola quanto il Salento, non avrebbe avuto ripercussioni sul Governo giallorosso. La sonora débâcle, incassata soprattutto dal Movimento Cinque Stelle sceso sotto la soglia dell’otto per cento, ha già una prima ripercussione: l’alleanza in Emilia Romagna, Calabria e Campania ora, alla luce di quanto accaduto, non è più possibile. Lo ha scritto nero su bianco Luigi Di Maio, un’ora e mezzo dopo la chiusura delle urne: «L’esperimento non ha funzionato». Le uniche parole prima del silenzio in cui il capo politico pentastellato si è rifugiato.

I cinque stelle sono gli unici ad aver pagato a caro prezzo il “patto con il nemico“. Il Partito Democratico ha sì perso un’altra roccaforte di sinistra, cosa impensabile fino a qualche anno fa, ma sono riusciti a mantenere il 22%, un buon risultato visto che era ‘rosso’ lo scandalo che ha portato alle elezioni. Certo, si tratta di tornate che, sulla carta, hanno valore locale, ma come scritto anche dalla senatrice Barbara Lezzi, il movimento (o il suo capo) ora è chiamato a fare un mea culpa, ad analizzare le ragioni del fallimento, perché quello è. L’ex numero uno del Ministero per il Sud, sostituita nel Conte bis da Giuseppe Provenzano, suona la carica, incoraggia tutti ad uno scatto di orgoglio.

Innegabilmente delusa dal risultato elettorale – «Mi addolora, mi fa arrabbiare. Non me lo aspettavo così deludente» scrive – Barbara Lezzi rivendica la proposta di convocare un’assemblea del Movimento 5 Stelle. Tutto il Movimento e non solo degli eletti.

«In Umbria – si legge nel lungo post – non siamo stati alternativa. Non siamo stati il Cambiamento di cui c’è ancora estrema necessità. Siamo sfuggiti alla responsabilità politica. Questo è un dato di fatto di cui tutti dovremmo farci carico e avremmo il dovere di assecondare la necessità di un confronto costruttivo per individuare alternative, ormai, indispensabili. Ci sono le proposte, ascoltiamoci. Il Movimento merita e ha bisogno, ora più che mai, della voce di tutti coloro che ci hanno sempre creduto, che lo hanno costruito e che lo hanno raggiunto negli anni. Nessuno sia escluso».

Un invito, quindi, Ma quello della senatrice sembra essere anche uno sfogo contro l’accusa (velata) di Marco Travaglio lanciata sulle pagine del suo FattoQuotidiano. Secondo il direttore ci sarebbero alcuni ‘ribelli’, anzi «malpancisti» nel Movimento, pronti a chiedere la testa di Luigi Di Maio, accusato di comandare da solo.

«Pare che non abbiano digerito l’alleanza civica in Umbria e non vogliano replicarla nelle altre regioni al voto: oh bella, pensano di vincere da soli, dopo aver perso in 10 anni di vita tutte le Regionali? E come sperano di far rieleggere sindache forti come Raggi e Appendino, senza dialogare col Pd su governatori forti (e presentabili) come Bonaccini in Emilia ed Emiliano in Puglia? Il problema dei “mal pancisti” non è la pancia. È la testa» si legge.

Per “malpancisti” s’intendono ex ministri e (specialmente) ministre, precisa Travaglio, che a settembre hanno scoperto improvvisamente insanabili dissensi da Di Maio per il più nobile degli ideali: hanno perso la poltrona. Non ci sono nomi, ma il pensiero va subito a Barbara Lezzi e Giulia Grillo.

«È davvero ancora un buon alibi dare la colpa alla Lezzi e ai “malpancisti spoltronati”?» replica la senatrice salentina.

Per il Movimento, in ogni caso, è giunta l’ora di riflettere. O di ascoltare.



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