Conte è¨ un vincente, ma gli farebbe bene essere più simpatico

Con la vittoria di ieri sul Sassuolo la Juve targata Conte ha conquistato il terzo Scudetto in tre anni. Ma il suo allenatore non perde occasione per battibeccare con tutti

Conte è già sulla buona strada per diventare l’allenatore più vincente di sempre. Dovesse continuare così supererebbe Trapattoni, Capello e il suo maestro Lippi. Ma il suo modo di fare non lo rende un mostro di simpatia. Peccato per chi dalla carriera ha ottenuto tanto, tantissimo

La simpatia è come il coraggio manzoniano di Don Abbondio: se uno non ce l’ha è inutile che si sforzi a tirarla fuori…

Antonio Conte, a dire il vero, non si sforza nemmeno. E già, adesso sono di moda gli allenatori vincenti e antipatici, anzi, antipatici perché vincenti o forse, meglio ancora, vincenti perché antipatici. Si pensi a Fabio Capello o Josè Mourinho.

Intendiamoci, Antonio Conte da Lecce, nato nel Salento il 31 luglio del 1969, nemmeno 45enne è un predestinato al successo, un vincente. Lo è stato da calciatore, lo è da allenatore.
Di più: è un cannibale. È uno che sa tenere la sua squadra sempre sotto pressione, ricava il meglio che c’è da ricavare dai suoi uomini, da bordo campo dirige i suoi atleti come il direttore d’orchestra fa con i musicisti. È uno che sul 4-0 a suo favore, nel recupero della partita, continua a sbraitare come un indemoniato. Non sopporta cali di tensione, pretende il massimo.

Però a tutto c’è un limite e siamo convinti da salentini che una maggiore predisposizione alla battuta e al dialogo gli farebbe bene.

Ha vinto con la sua Juventus il terzo Scudetto consecutivo, dopo aver preso una squadra che non arrivava neppure in Europa League. Ma malgrado tutto riesce a litigare con chiunque provi, anche in maniera caustica, ad interloquire con lui.

Ha litigato fino all’anno scorso con Massimiliano Allegri, non riuscendo nemmeno ad ammettere che il goal di Muntari, nella famosa sfida con i rossoneri era goal per davvero e che la palla era entrata di due metri.

Quest’anno ha battibeccato con De Laurentis e Bigon, rinfacciando al Napoli una campagna acquisti superiore alla Juve, come se i bianconeri avessero giocato al risparmio.

Ha litigato con Totti e Rudy Garcia che gli facevano semplicemente notare che ai Campioni d’Italia qualche favore, qualche aiutino era stato pur concesso (come sempre avviene da che mondo è mondo).
Non ha mai fatto un passo in avanti per stemperare l’astio con i tifosi del Lecce, non tanto per avere esultato contro i giallorossi quando era giocatore della Signora, ma per non essersi contenuto nemmeno quando da allenatore del Bari venne al “Via del Mare” per castigare i ragazzi di Papadopulo.

Quando vince è solo merito della sua Juve, quando perde (quasi mai), è sempre colpa degli altri, magari di un terreno di gioco che falsa le partite, come se gli avversari giocassero sulla superficie di un biliardo.
Eppure basterebbe poco, al più bravo di tutti per diventare anche se non simpatico quantomeno piacevole, oltreché ai suoi tifosi che lo adorano.

Basterebbe prendersi meno sul serio, ammettere qualche favore, complimentarsi con gli avversari, fare meno sceneggiate con i direttori di gara quando non ottiene una punizione o un semplice fallo laterale. Basterebbe poco per poter diventare un simbolo del calcio, uno che unisce alla sostanza anche un po’ di forma.

E per non sembrare denigratori di una persona che non si può non stimare per la determinazione con cui è arrivata al punto in cui si trova, ci piace ricordare il suo meraviglioso palmares: 5 scudetti, una Coppa Italia, quattro supercoppe italiane, una Coppa Uefa, una Champions, una Coppa Intercontinentale e perfino una Supercoppa Uefa.

E si badi bene tutto ciò solo da calciatore; perché poi da allenatore, in appena otto anni di carriera, ha ottenuto due promozione dalla B alla A e tre scudetti in tre anni con la Juve, per non parlare poi delle due supercoppe italiane, le due panchine d’oro e una D’Argento.

Stemperare i toni gli farebbe bene e gli darebbe quella ulteriore consacrazione che, invece, gli viene negata da tanti salentini che appena leggono un articolo sui suoi tanti successi, riempiono le bacheche di post per prendere le distanze da un salentino che non amano. E di cui noi, invece, vorremmo essere ancora più orgogliosi di quanto già siamo.