
Un campionato modesto, caratterizzato da prestazioni mediocri. La Juventus si interroga e lo fa a partire dall’allenatore, quello stesso che aveva vinto 5 scudetti in bianconero, ma che oggi sembra solo un suo lontano parente. La tensione per critiche e giudizi pesanti non basta a giustificare l’uscita di scena di Massimiliano Allegri, impietosamente beccato dalle telecamere mentre si stracciava le vesti e imprecava a tutto tondo dopo essere stato espulso dall’arbitro Maresca, atteggiamento considerato oltremodo irriguardoso e costato due giornate di squalifica.
Non era chiaro chi fosse l’obiettivo del suo atteggiamento insofferente, mentre è del tutto chiaro che c’era della rabbia accumulata e che il tecnico non ha retto alla tensione, liberata quando ha visto che la Coppa Italia finiva nelle sue mani. Magra consolazione però la Coppa, considerata, mai come negli ultimi anni, un trofeo minore, perché oltre alla pirotecnica uscita di scena dell’allenatore gli juventini non avranno molto da ricordare quest’anno, se non un percorso a ostacoli con performance poco adatte alla storia del club più glorioso e titolato d’Italia.
Detto questo è chiaro che si deve sperare in un futuro migliore, un futuro che pretende cambiamenti e svolte decise, e infatti arriva il cambio sulla panchina, lungamente meditato e masticato, dopo un campionato grigio, anziché bianconero.
La motivazione dell’esonero? La società asserisce ‘per comportamenti non compatibili con i nostri valori’, che sembra una frase tanto scontata quanto banale, perché i comportamenti sembrano incompatibili con i valori di tutti, non solo con quelli della Juventus. E alla fine un dato appare inequivocabile: non basta vincere una coppa per essere dei campioni.