La sua non era una corsa, era una caccia. Quando ti arrivava alle spalle non c’era scampo, per nessuno. Ayrton Senna disse di lui che era l’unico pilota che compariva contemporaneamente in entrambi gli specchietti retrovisori. Insomma, Nigel Mansell era un fenomeno.
Per il patron della Formula 1 Bernie Ecclestone è stato il più forte che abbia visto gareggiare su una pista da corsa. Per i tifosi della Ferrari era il leone.
Oggi Nigel, il baffo più famoso dello sport, compie 70 anni. Gli auguri glieli facciamo ricordando le sue imprese, a partire dalla vittoria del Mondiale nel 1992, una dittatura in pista che gli valse da risarcimento per i troppi torti subiti in una carriera sfortunatissima.
C’è chi non lo amava perché era incostante o per i suoi errori, ma quegli errori erano il minimo per quello che faceva in gara, per quello che osava. Gli altri nemmeno le immaginavano certe follie.
L’inglese era un mostro, mostruosa era la sua aggressività, mostruosa era la sua capacità nel sorpasso.
In cineteca cliccando ‘i dieci sorpassi più belli di sempre in Formula 1‘ vengono fuori almeno 3 o 4 sorpassi di Mansell. È storia il doppio sorpasso a Senna che doppiava Johansson nel gp di Ungheria del 1989, quando andò a vincere con la Ferrari. Favoloso è il sorpasso a Piquet a Silverstone nel 1987, dopo aver mortificato il brasiliano con una finta da film di fantascienza. Sbalorditivo il suo sorpasso lungo un chilometro a Senna nel 1991 nel gp di Spagna, quando andò a vincere a suon di giri veloci.
Indimenticabile e insuperabile il sorpasso ubriacante a Berger nel gp del Messico nel 1990, nella curva Pereltada, quella curva che oggi porta il suo nome.
Era un Re Nigel Mansell. Il Re leone.
