«Liberare la darsena, il mare è lavoro», il Partito Comunista chiede il rilancio di San Cataldo

La Federazione Provinciale di Lecce del PC se la prende con chi pensa a costruire porti turistici ed autorizzare lidi privati, dimenticandosi dei pescatori e delle loro famiglie.

«Si dice che nel Salento non ci sia lavoro, ma il mare è lavoro ed il mare è una delle nostre grandi risorse. Noi non abbiamo miniere ma abbiamo il mare e la pesca può essere un’ottima soluzione ai nostri altissimi tassi di disoccupazione. Perché non si rilancia la darsena?».

Certo che avere una risorsa come il nostro mare, che si dice essere ritornato ad ottimi livelli di pescosità, e poi non tutelare le categorie che di quella risorsa potrebbero viverci è proprio una contraddizione in termini.

Parte da una considerazione semplice, quasi ovvia, la Federazione Provinciale di Lecce del Partito Comunista per parlare del rilancio della marina di San Cataldo, di cui si torna parlare ciclicamente in ogni campagna elettorale salvo poi dimenticarsene per tutto il resto del tempo. È dalla darsena che deve ripartire la rinascita di una marina che non riesce a spiccare il volo malgrado i paroloni sulla ‘riviera’ di Lecce, su Lecce – Lido o amenità di questo tipo che si sentono da decenni.

«È stato tagliato fuori e preso in giro chi di darsena e di mare ci viveva. Le loro lotte dimenticate, poi usate ciclicamente a scopo elettorale da destra e da sinistra, ma mai nessuno ha risolto il problema. L’abbandono ufficiale di questa struttura compie, in questo periodo, 6 anni. I problemi però cominciano già anni prima. La posidonia oceanica (erroneamente chiamata “alga”, anche se in realtà è una vera e propria pianta acquatica) è importantissima per la conservazione dell’habitat mediterraneo, ma quando si spiaggia può essere un enorme problema se non si esegue una pulizia regolare della zona che interessa l’ormeggio ed il traffico delle imbarcazioni. Proprio la posidonia, che già cominciava a rendere molto difficoltosa la vita dei pescatori e che iniziava a decimarne la presenza tanti anni fa, ora domina il paesaggio. Inoltre la posidonia spiaggiata che ora blocca la darsena potrebbe essere usata (come si è sempre fatto) nei campi agricoli, altra nostra grande risorsa».

Qualche settimana fa, avevamo raccolto il grido di dolore di Franchino, un pescatore esasperato dai ritardi delle varie amministrazioni, dall’incuria, dal disinteresse nei confronti di quella che potrebbe essere un’autentica risorsa.

Oggi tocca al Partito Comunista rilanciare la battaglia, a voce alta, prendendo le difese di chi del mare ci ha sempre vissuto con dignità e onore. E ricordando che in un periodo di grave crisi occupazionale, i vecchi pescatori potrebbero insegnare il mestiere a chi non lavora e cerca uno sbocco occupazionale.

«Chiediamo che vengano pagati i mensili arretrati, compresi di festività, straordinari e trattamento di fine rapporto a quei lavoratori che sono stati impiegati nella sorveglianza della darsena e dalle società appaltatrici, a volte gli stessi pescatori impiegati per cercare di comprare il silenzio sui cantieri fermi che dovevano sembrare in qualche modo attivi. Se si ricostruisse a regola d’arte la darsena, i pescatori ed il personale della struttura non solo potrebbero tornare al loro amato mare ed al mestiere che è la loro vocazione, ma potrebbero svolgere una funzione formativa per alcuni dei tanti disoccupati. Invece oggi si lascia la formazione agli sciacalli che prendono ingenti somme di soldi pubblici e gettano le briciole ai corsisti disperati».

Altro che porti turistici e lidi balneari che stanno eliminando del tutto le spiagge pubbliche! Il Partito Comunista abbraccia le sue vecchie battaglie, quelle che un tempo erano le battaglie della sinistra italiana: basta

«Alcune forze politiche hanno proposto un porto turistico e dei lidi dove accogliere i benestanti…noi siamo stanchi di sentir parlare di progetti che vanno incontro ai ricchi. Noi vogliamo che siano i lavoratori ad essere protagonisti, che si ascoltino le loro esigenze e che ci siano spazi e servizi pubblici per la maggioranza della popolazione, quella che sorregge questa società e ne produce tutti i servizi ed i beni».



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