Arcivescovo arrestato, la crociata di papa Francesco

Con l’arresto del Nunzio apostolico Wesolowski accusato di abusi su minori, si apre una pagina nuova nella storia della Chiesa e nel contrasto al reato di pedofilia. Il papa e i vescovi scendono insieme in campo per condannare chi compie atti contro la volontà di Dio.

Ci è voluto coraggio. Non solo perché era la prima volta, ma soprattutto perché per il papa della rivoluzione benevola non deve essere stato facile scegliere di adottare una misura così drastica. La durezza del provvedimento d’arresto sembra quasi fare a pugni con la vena misericordiosa di un papa come George Bergoglio. Tuttavia, se pur drammatica e dolorosa, era una pagina da scrivere, un punto fermo, necessario per contrastare un male dilagante e doppiamente insidioso.

L’arresto dell’arcivescovo Wesolowski è il punto più alto finora raggiunto dalla Chiesa Cattolica nel contrasto alla pedofilia, a tutti quegli atti ignominiosi di cui si sono macchiati alcuni preti negli anni più recenti.

Un fenomeno venuto alla ribalta con un fragore senza eguali che ha messo a dura prova la potestà regale degli ultimi pontefici. In particolare papa Ratzinger il quale, quasi in solitudine, ha avviato una battaglia senza quartiere agli abusi sessuali compiuti da uomini di fede che hanno screditato quella stessa fede. Il perdono cristiano qui non c’entra, perché il pericolo diabolico vissuto dalla Chiesa aveva bisogno di una reazione forte, eclatante, di una svolta rivoluzionaria che papa Benedetto XVI ha dato profeticamente con le dimissioni da sommo pontefice.

L’arrivo di Bergoglio sul trono di San Pietro è figlio di questa scelta rivoluzionaria ed è come se l’arresto dell’arcivescovo accusato di reati gravissimi non fosse solo ispirato da Papa Ratzinger, ma addirittura suggerito.

Tolleranza zero sarà un antidoto necessario ad una piaga che va sanata a tutti i costi e farà parte del pontificato di papa Francesco fino in fondo.

Un sacerdote che si macchia di pedofilia non solo commette reati gravissimi e indegni di un uomo di Chiesa, ma si carica addosso la colpa imperdonabile di gettare discredito e fango sulla bellezza della Chiesa e sul volto di Dio stesso. Cristo, gridando parole terribili, disse nel Vangelo che “per coloro che avessero scandalizzato i bambini sarebbe stato meglio gettarsi in mare con una pietra pesante al collo”, perché ben peggiore sarebbe stato il castigo di Dio.

Papa Francesco non può accettare l’idea, solo l’idea, che un prete, ministro di Cristo nel mondo di oggi, sua immagine, sua rappresentazione fedele, possa compiere gesti e azioni diaboliche. Non si può e non si deve tollerare anche per rispetto e amore della stragrande maggioranza di ministri della Chiesa che vivono la loro totale adesione al Vangelo in maniera esemplare.

Adesso il precedente c’è. Nessuno potrà più accusare le Chiesa di coprire gli scandali ed è sintomatico che un vescovo stesso abbia denunciato il caso Wesolowski e abbia difatto innescato il procedimento giudiziario che adesso grava sulla testa del prelato polacco detenuto ai domiciliari, che rischia una condanna durissima, un vescovo (che significa osservatore più alto, supervisore) che ha portato alla Chiesa gli elementi per giudicare un confratello infedele e pericoloso per sé e per gli altri. Nel collegio apostolico può esserci un traditore, come c’era Giuda ai tempi di Gesù , ma per fortuna ci sono tutti gli altri che non perdono di vista un attimo i passi del loro Signore.



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