Epidurale a pagamento? Il Giudice dice no e condanna la Asl a risarcire una giovane mamma

Il parto indolore dovrebbe essere un diritto per tutte le future mamme. A Lecce una sentenza storica: il giudice di Pace ha condannato la ASL a restituire le spese sostenute da una giovane mamma che aveva scelto di sottoporsi all’epidurale il giorno del parto.

Sempre più mamme scelgono la strada del parto indolore, meglio conosciuto come «epidurale», una ‘tecnica’ che permette alle donne di mantenere sensibilità e capacità di movimento, ma di liberarsi dai fortissimi, a volte addirittura insopportabili, dolori del travaglio. L’argomento proprio per la sua delicatezza è stato da sempre molto dibattuto, soprattutto perché chi sceglieva di sottoporsi a questo trattamento era costretto a sborsare centinaia e centinaia di euro. Eppure nonostante fosse a pagamento, nelle strutture che offrivano alle partorienti quest’opportunità, il 90% ne faceva richiesta. E che dire della ‘disparità’ che ne conseguiva tra chi poteva permetterselo e chi, invece, doveva rinunciarci proprio perché oneroso?  

Per questo motivo la sentenza n. 4357/2014 depositata lo scorso 31 ottobre del Giudice di Pace di Lecce che ha ‘condannato’ la Asl del capoluogo barocco a risarcire una giovane mamma salentina che si era sottoposta al trattamento, può essere considerata quasi storica. L’ente di via Miglietta, dovrà restituire 801,81 euro, – oltre agli interessi e alle spese processuali- la somma, insomma, pagata dalla donna.   

Protagonista di questa storia è Nicoletta D'Agata, figlia del presidente dello Sportello dei Diritti, che il 6 novembre del 2011 aveva partorito nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell'ospedale «Vito Fazzi» di Lecce, chiedendo appunto di sottoporsi al trattamento epidurale. In quel periodo, però, il servizio non era gratuito «L'Asl di Lecce – spiega in una nota Giovanni D'Agata – aveva comunicato che era necessario pagare i medici anestesisti che, sempre secondo l'ente, a quell'epoca consentivano l'effettuazione della procedura solo per il tramite della loro attività libero professionale intra-moenia e perciò a pagamento. I costi, per il trattamento erano esosissimi, 800 euro circa, ma la cittadina decise comunque di sottoporsi alla terapia e quindi di pagare».

A quel punto, l’associazione di tutela dei cittadini che da sempre si è battuta affinché il servizio fosse gratuito per tutti, e considerato che il Ministero della Salute aveva annunciato l’inserimento del parto indolore nell’elenco delle nuove voci inserite nei cosiddetti Lea (livelli essenziali di assistenza) in tutti gli ospedali a partire dal 2013, ha deciso di diffidare l’Asl che, dal canto suo, ha difeso la correttezza del suo operato

Per la giovane mamma, assistita dall'avvocato Luca Monticchio, non rimaneva altro da fare se non rivolgersi al Giudice di Pace di Lecce per vedersi restituito ciò che ‘indebitamente’ era stato percepito dall'ente. Con la decisione in questione, dunque, il magistrato onorario, ripercorrendo le tempistiche e rilevando correttamente i regolamenti vigenti all'epoca del parto e della sottoposizione alla terapia antalgica, ha ritenuto sussistente il diritto al rimborso di tutte le spese sostenute dalla giovane ed ha quindi condannato l'ASL alla restituzione di 801,81 euro oltre interessi e alle spese processuali.

Sulla questione interviene anche il vicepresidente del Gruppo consiliare di Forza Italia, Erio Congedo. «La sentenza del giudice di pace – commenta il consigliere di Fi – ristabilisce un clima di equità finora mancato, salvo una brevissima parentesi, condannando la Asl leccese a risarcire quanto pagato da una donna per l’epidurale. Fino ad oggi, solo le donne che potevano permetterselo avevano modo di accedere al parto indolore e le altre, invece, no. Ritengo che sia importante guardare con attenzione la vicenda per offrire un sostegno concreto alle future mamme. Per questo –conclude Congedo – ho depositato un’interrogazione consiliare con cui chiedo alla Giunta di intervenire immediatamente affinché il parto indolore sia gratuito in tutte le Asl della Puglia».
 



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