La Repubblica nel buco nero

La politica tra vecchio e nuovo ci consegna un Paese dal volto sfregiato.

Mamma mia che brutta Italia. L’impressione è che i nuovi siano peggio dei vecchi, o meglio che avendo avuto dei pessimi maestri, siano venuti fuori dei pessimi allievi.

I vent’anni del leaderismo berlusconiano non soltanto non hanno formato alcuna successione, degna o meno degna è solo un punto di vista, ma hanno stravolto le regole minime su cui poggiava lo Stato: il rispetto delle Istituzioni e delle leggi, buone o cattive che fossero.

Anzi il ventennio di Forza Italia, tra viaggi di andata e ritorno, ha eradicato l’erba vecchia, consegnando un terreno infertile dove possono crescere solo la gramigna e l’ortica.

I lupi sono in via di estinzione, e gli scarti del loro pasto saranno ripuliti dagli avvoltoi.

Insomma il vuoto è stato compensato. Ma la compensazione ha portato la speranza nel nulla.

Alla fine del viaggio, contro la politica di ieri e di oggi, ci aspetta la terra promessa di un buco nero, con tanti saluti alla nobiltà e al decoro dei buoni padri della Repubblica.

L’Italia liberata è di nuovo prigioniera, alla rapina si è sostituito il gioco di prestigio.

Mamma mia che brutto Paese che stiamo diventando, con la cura che ci viene prospettata dal “nuovo” abbiamo timore che i mali possano aumentare in qualità e quantità.

Questo perché chi doveva migliorare il Paese in questi ultimi vent’anni ha sempre fallito, utilizzando il solito vecchio schema di gioco che ci ha messi continuamente in fuorigioco, in Europa e nel mondo.

Vent’anni come questi non potevano che lasciarci case cadute e terreni bruciati, dove adesso vanno a fare pulizia i divoratori di carogne. È la legge della vita, il senso della natura che arriva puntuale quando finisce il buon senso.



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