È stato pubblicato lo scorso 20 luglio il decreto che introduce il reddito di libertà per le donne vittima di violenza. Si tratta di una misura di sostegno economico destinata a favorire l’indipendenza economica e l’emancipazione delle vittime di violenza che si trovano in condizioni di povertà.
Il fenomeno, stando ai numeri, è tutt’altro che trascurabile ed è andato peggiorando a causa dell’emergenza economica innescata dal covid. Secondo i dati Istat, infatti, c’è stato un aumento del 79.5% delle chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, a partire da fine marzo, inizio della pandemia, e con picchi in aprile e maggio. Alla Puglia spetteranno 220.895 euro, somma che, come sottolinea Cisl Lecce, potrà essere incrementata con fondi propri.
L’importo affidato come reddito di libertà sarà per un massimo di 400 euro mensili pro capite per un anno. Le vittime di violenza potranno richiedere il reddito di libertà all’Inps con apposita domanda che dovrà essere firmata dal rappresentante legale del centro antiviolenza che ha preso in carico chi fa domanda. Obiettivi principali della misura sono il sostentamento di spese per assicurare l’autonomia abitativa e la riacquisizione dell’autonomia personale nonché il percorso scolastico e formativo dei figli minori. L’aiuto è compatibile con altri strumenti di sostegno come il Reddito di Cittadinanza.
“Un atto di civiltà – dichiara Ada Chirizzi, Segretario Generale della Cisl di Lecce. Un ulteriore passo verso la rimozione di quegli ostacoli all’affermazione della dignità della persona, del diritto a una vita senza violenza, della libertà di poter scegliere. Per l’affermazione di questi fondamentali diritti ci spendiamo da tempo come Cisl di Lecce all’interno delle cabine di regia degli Ambiti e dei Consorzi Sociali territoriali, dove vengono definite misure e percorsi di prevenzione e contrasto della violenza contro donne e minori, a partire da quelli della sempre più nutrita e qualificata rete dei Centri anti violenza (CAV). Così come pure siamo impegnati all’interno delle reti che intendono operare un cambio culturale. Perché la violenza su donne e minori è principalmente un problema culturale che richiede un comune impegno per un suo superamento.”
