Al Santuario di Sant’Oronzo Fuori le Mura il tempo sembra essersi fermato a quel 26 agosto del 68 dopo Cristo, anno in cui quello che sarebbe diventato il patrono della città di Lecce pagò con la morte la sua fede. Fu un incontro a cambiare per sempre la vita del tesoriere dell’imperatore Publio, lavoro che il primo vescovo aveva ereditato dal padre, così come la consuetudine dell’epoca imponeva.
Si trovava in riva al mare con il nipote Fortunato, lì dove oggi c’è la spiaggia di San Cataldo, quando incrociò sulla sua strada Giusto, incaricato di portare a Roma uno scritto, forse la famosa Lettera ai Romani, un testo in lingua greca del Nuovo Testamento scritto da Paolo di Tarso, l’apostolo dei Gentili e indirizzato ai cristiani di Roma, da lui definiti come “noti in tutto il mondo per la loro grande fede”.
Il suo viaggio da Corinto fu interrotto da una violenta tempesta che fece naufragare la nave del discepolo di Pietro sulle coste del Salento, nel porto di Adriano. Furono zio e nipote, impegnati in una battuta di caccia, a soccorrerlo, ospitandolo in casa. Fu allora che, ascoltato il racconto di Giusto su Gesù Cristo, Oronzo e Fortunato decisero di convertirsi al cristianesimo. Il resto è storia, l’opera di conversione dei pagani predicando il Vangelo si concluse con una condanna a morte, per decapitazione. Erano gli anni della persecuzione spietata e crudele di Nerone contro i cristiani, considerati un pericolo per l’impero.
Fu così che il Vescovo di Lecce, accusato di perduellio (cioè di aver tradito gli dei romani) venne giustiziato, nel giardino della Chiesa “te la Capu te Santu Ronzu”, lì dove una epigrafe del 1714 ricorda il momento in cui, all’alba del 26 agosto del 68 d.C., gli fu tagliata la testa con l’ascia. «Del martirio di Oronzo il luogo è questo. Se qui tu preghi o passagier divoto, ogni soccorso al tuo bisogno è lesto» si legge.
Stessa sorte toccò a Fortunato, nominato suo successore e a Giusto.
Sulla strada che conduce al Santuario si contano 9 piccole cappelle per ricordare il percorso che Sant’Oronzo fece, scortato dai soldati romani, fino al luogo dove avvenne la decapitazione. Certo, la Chiesa che vediamo oggi non è quella di allora. Dopo il martirio, i corpi di Oronzo, Giusto e Fortunato furono pietosamente ricomposti e custoditi in gran segreto in una casupola di campagna di proprietà di una matrona cristiana, di nome Petronilla. E bisognerà aspettare il 1657 per veder costruita la Chiesa, sostituita nel 1907 dopo che era caduta in rovina per volere del vescovo Gennaro Trama che aveva incaricato l’architetto Gaetano Capozza (fu anche restaurata nel 1968), ma per tutti i leccesi quella è la chiesa te “La Capu te Santu Ronzu”.