Ecotassa, triplice fischio del Consiglio di Stato. Regione ancora sconfitta, vincono i comuni leccesi

Con il pronunciamento dei giudici si stabilisce in via definitiva che queste amministrazioni hanno diritto a versare l’ecotassa nella misura minima del 20% indipendentemente dalla percentuale di raccolta differenziata da ciascuno raggiunta.

raccolta-rifiuti

“La sentenza del Consiglio di Stato – ha dichiarato l’Avv. Quinto – pone fine ad una situazione di ingiustizia perpetrata dalla Regione ai danni dei Comuni salentini. Dietro la foglia di fico dell’obiettivo della raccolta differenziata, si è voluto imporre ai comuni un balzello non dovuto secondo la disciplina nazionale. E quel che lascia più sconcertati è il paradosso rappresentato dalla pretesa del pagamento dell’ecotassa in misura massima pur nella conclamata carenza della rete impiantistica regionale per il conferimento della frazione organica, che impediva il raggiungimento delle percentuali imposte. La migliore risposta all’illegittimo operato regionale è stata fornita dalla Corte Costituzionale, che ha stigmatizzato quel tentativo chiarendo che ‘Nulla vieta che il sistema di incentivi alla raccolta differenziata e il trattamento fiscale agevolato previsto per gli scarti e i sovvalli coesistano’”, con queste parole Luigi Quinto, legale di 92 comuni della Provincia di Lecce, commenta la sentenza del Consiglio di Stato con cui si stabilisce in via definitiva che queste amministrazioni hanno diritto a versare l’ecotassa nella misura minima del 20% indipendentemente dalla percentuale di raccolta differenziata da ciascuno raggiunta.

La vicenda parte nel 2014

La vicenda risale al 2014 quando i comuni salentini si sono opposti per la prima volta alla decisione della Regione Puglia di fissare la misura dell’ecotassa a 25 euro per ogni tonnellata di rifiuto conferito in discarica, il massimo previsto dalla legge nazionale, per tutti i Comuni che non avessero raggiunto elevate percentuali di raccolta differenziata, dando così avvio alla battaglia legale.

I Comuni hanno censurato gli atti regionali per violazione della legge statale risalente al 1995, che ha istituito l’ecotassa e che riconosce, tra i principi fondamentali, una premialità, consistente nella riduzione dell’80% del tributo, per chi conferisce in discarica solo lo scarto e il sovvallo di un particolare trattamento. Premialità sempre negata dalla Regione, che dapprima ha invocato la specificità della disciplina regionale, che prevede delle riduzioni solo per il raggiungimento di elevate percentuali di raccolta differenziata, e, successivamente, ha sostenuto una diversa interpretazione della norma statale del 1995.

I vari giudizi nel corso degli anni

La tesi dei Comuni era già stata condivisa dai Giudici del TAR di Lecce, che con un’ordinanza del 2015 avevano rimesso alla Corte Costituzionale la valutazione sulla compatibilità della Legge Regionale pugliese con la disciplina statale. E la Corte Costituzionale, ad aprile del 2017, aveva dato ragione ai Comuni, dichiarando incostituzionale la Legge pugliese.

Nonostante il pronunciamento della Corte Costituzionale e del giudice di primo grado, la Regione Puglia, che nel frattempo aveva impugnato le decisioni del TAR dinanzi al Consiglio di Stato, non solo non ha disposto i rimborsi delle maggiori somme versate dai Comuni ricorrenti per le annualità pregresse, ma ha continuato ad applicare l’ecotassa maggiorata, sostenendo che i ricorrenti non rispettassero neppure i requisiti previsti dalla disciplina statale per il riconoscimento della premialità, così obbligando i Comuni a proseguire nei giudizi e ad impugnare anche le determinazioni dell’ecotassa per gli anni successivi, fino al 2019.

Con la sentenza di questa mattina i Giudici di Palazzo Spada hanno però respinto l’ennesimo tentativo della Regione di fare cassa ai danni dei Comuni salentini sul presupposto che questi ultimi non avessero dimostrato il quantitativo e la natura dei rifiuti conferiti in discarica.

Nel corso del giudizio l’Avv. Quinto, richiamando i principi affermati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 85/2017, e sulla base delle nuove acquisizioni istruttorie disposte dal Giudice d’appello, ha dimostrato che i quantitativi conferiti in discarica nel periodo 2014/2019 sono così contenuti da meritare la premialità. Questo ha condotto il Giudice ad affermare che “si rientra senz’altro in quel minimum di conferimento in discarica tale da poter qualificare i rifiuti in esame in termini di ‘scarti e sovvalli’, sì da ottenere, per tali ragioni, l’applicazione della premialità prevista dall’art. 3 comma 40 ultima parte della Legge n. 549 del 1995”.

“Non è vero quanto sostenuto dalla Regione innanzi al giudice d’appello che il riconoscimento della premialità a tutti i comuni disincentiverebbe il meccanismo virtuoso della raccolta differenziata”, prosegue il legale leccese. “Il riconoscimento della premialità ai Comuni per il trattamento praticato presso gli impianti non può mai costituire un deterrente o un disincentivo alla raccolta differenziata per una ragione tanto semplice quanto banale. I Comuni pagano alla Regione l’ecotassa in base al quantitativo di rifiuti che conferiscono in discarica. I Comuni hanno pertanto tutto l’interesse ad incrementare la raccolta differenziata perché ciò consente di ridurre la quota che finisce in discarica. La frazione raccolta in modo differenziato viene infatti recuperata a monte ed è sottratta al ciclo di trattamento del rifiuto indifferenziato che termina con il conferimento dello scarto in discarica. Maggiore è la raccolta differenziata, minore è la quota del rifiuto indifferenziato su cui viene prodotto lo scarto da conferire in discarica. Quindi i Comuni hanno sempre interesse a ridurre la quota da conferire in discarica, anche se il tributo da oggi in poi sarà pari ad un quinto rispetto a quello richiesto dalla Regione”.

Le conseguenze della decisione regionale

Quali sono le conseguenze in termini economici della decisione del Consiglio di Stato? “Bisogna distinguere due periodi temporali – ha chiarito Quinto – quello precedente la sentenza e quello successivo. Per il passato, della decisione potranno beneficiare i soli Comuni ricorrenti, in quanto gli atti regionali impugnati sono a contenuto plurimo. Stabiliscono infatti una tariffa per ogni singolo ente locale. L’annullamento disposto dal Giudice non riguarda l’intero provvedimento, bensì le singole determinazioni tariffarie. Solo chi ha proposto ricorso ha quindi diritto ad ottenere dalla Regione la differenza tra quanto versato e la minor somma di € 5,16. Tutto ciò salvo che l’Ente regionale, nell’ambito delle sue prerogative, non decida di estendere gli effetti della decisione del Consiglio di Stato a tutti i Comuni per evitare disparità di trattamento. Si tratta di cifre di enormi, che ad oggi superano i 10 milioni di euro, che dovranno essere restituite dalla Regione e che potranno contribuire a diminuire la pressione fiscale a carico dei cittadini.

Per il futuro – conclude Quinto – la sentenza del Consiglio di Stato ha una portata ancor più dirompente.

Il Giudice d’appello è infatti andato oltre la decisione del TAR, affermando che la premialità deve essere riconosciuta a tutti i Comuni che conferiscono in discarica lo scarto in uscita dagli impianti così detti TMB, indipendentemente dalla efficacia del trattamento. Ciò perché la norma statale del 1995 non pone altre condizioni per l’abbattimento del tributo. Significa che poiché tutti i Comuni Pugliesi conferiscono in impianti TMB, tutti hanno diritto d’ora in avanti al pagamento dell’ecotassa in misura ridotta”.



In questo articolo: