Sembra non aver mai fine la vicenda dei lavoratori Gial Plast, l’azienda di Taviano, colpita da interdittiva antimafia lo scorso 19 marzo, che ha portato alla sospensione di 30 dipendenti dei 500 che lavorano per l’impresa che si occupa di rifiuti.
Con ordinanza del Tribunale di Lecce del 9 settembre 2019, il Giudice del Lavoro Gustapane ha accolto il ricorso d’urgenza presentato da un lavoratore licenziato per avere a suo carico precedenti penali risalenti ad oltre 20 anni fa.
Gli avvocati Fernando Caracuta e Francesco Piro, del Foro di Lecce, hanno rappresentato al Giudice del Lavoro la illegittimità del licenziamento intimato a danno di un lavoratore che, “reo” di aver sbagliato oltre 20 anni fa, aveva poi scontato le proprie condanne e ricostruito la propria vita lavorando onestamente e costruendosi una famiglia.
Le motivazioni del Giudice
Il Giudice ha ritenuto che il lungo decorso del tempo, unitamente al tipo di reati a suo tempo commessi (le cui pene erano state abbondantemente scontate), non erano tali da ledere il rapporto fiduciario con il datore di lavoro e, conseguentemente, da comportare l’immediato licenziamento.
Allo stesso modo, il Giudice del Tribunale di Lecce ha ritenuto inesistente, al momento del licenziamento, qualsiasi ragione inerente l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro o il regolare funzionamento di essa che, ai sensi della Legge 604/66, potesse giustificare il licenziamento intimato al lavoratore.
L’inesistenza è stata, inoltre, ritenuta manifesta perché, come dimostrato dalla difesa del lavoratore, quest’ultimo, stando ai certificati del Casellario e dei carichi pendenti prodotti, non risultava essersi mai reso responsabile di uno dei cosiddetti reati spia previsti dalla legge, né avere procedimenti pendenti a suo carico.
Il Giudice del Tribunale del Lavoro di Lecce, pertanto, ha accolto il ricorso presentato ed ha così deciso: “Il recesso datoriale va annullato, ai sensi dell’art.18, quarto e settimo comma, L.300/70 e GIAL PLAST s.r.l., soggetto che ha intimato il licenziamento impugnato, deve essere condannata alla reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro precedentemente occupato e al pagamento di una indennità risarcitoria pari all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento all’effettivo reintegro e comunque non superiore a dodici mensilità, con interessi e rivalutazione monetaria dalla data del licenziamento sino al soddisfo, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali”.
