Nuovi decreti e nuove sanzioni, cosa succede (e cosa cambia) violando le regole?

Cambiano le regole e cambiano le pene: si passa dalla sanzione penale a quella amministrativa, che salva la fedina panale, ma che incide subito sul piano economico. Ma alcuni dubbi restano.

L’emergenza sanitaria legata al coronavirus sta cambiando radicalmente le nostre abitudini e il “distanziamento sociale” a cui tutta Italia è relegata dallo scorso 10 marzo costringe ogni cittadino ad una rigorosa osservanza di regole drastiche.

Tutti in casa, nessuno spostamento se non necessario (e motivato) e pene dure per i trasgressori. Il Governo da settimane ha allestito un sistema di autocertificazione e di controllo massiccio del territorio, elevando giorno dopo giorni migliaia di sanzioni.

Inizialmente c’era il sistema di restrizioni progressivamente drastiche che, in caso di violazione facevano espresso richiamo all’art. 650 c.p., (reato di inosservanza di un ordine dato dall’Autorità). Una sanzione penale con la pena dell’arresto fino a tre mesi ovvero con l’ammenda fino a 206 euro. Insomma, chi si spostava senza un valido motivo correva il rischio di vedersi macchiata la sua fedina penale, con tanto di processo che ne sarebbe conseguito.

Mano a mano, i vari DPCM hanno stretto le maglie, finendo con la previsione di perseguire i cittadini sottoposti alla quarantena obbligatoria per i delitti di epidemia (art. 438 c.p.) o di epidemia colposa (art. 452 c.p.).

Ma con il Decreto Legge n. 19 del 25 marzo scorso, la disciplina sanzionatoria è cambiata ancora, facendo leva, questa volta, non più sulle conseguenze penali, bensì sulla concreta ed immediata afflittività delle sanzioni.

Il nuovo testo, ha sancito come il mancato rispetto delle misure di contenimento è punito con la sanzione amministrativa da 400 euro a 3.000 euro irrogata dal Prefetto e non con la pena prevista dall’art. 650 c.p..

Un deciso cambio di rotta che sul piano pratico comporta conseguenze ben diverse dalla precedente disciplina. Se prima, infatti, chi violava le norme pagava di meno (o forse non pagava affatto, a seconda dell’esito del processo), ma si vedeva macchiata la propria fedina penale, oggi il nuovo sistema esclude ogni conseguenza sul piano penalistico, ma va ad incidere in maniera decisamente più netta sul piano economico, prevedendo una multa (come quelle in caso di violazione del codice della strada), ben più salata e, soprattutto, di immediata riscossione.

Il D.L., quindi – facendo salva l’ipotesi in cui si configura il più grave reato di epidemia colposa con la violazione della misura del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per chi sia sottoposto a quarantena essendo risultato positivo al Covid 19 punita con larresto da tre a diciotto mesi e l’ammenda da 500 a 5000 euro (art. 260 R.D. 1265/1934) – opera una significativa depenalizzazione delle condotte antecedenti e decongestiona le scrivanie delle Procure.

Poche ore fa, si è mosso in tal senso anche il Procuratore della Repubblica di Lecce Leonardo Leone De Castris, il quale con una nota, si è ai vari comandi delle Forze dell’Ordine invitando loro a disporre tutte le comunicazioni inerenti la verbalizzazione di illeciti (tranne quelle che costituiscono reato), affinché “non siano trasmesse alla Procura della Repubblica, che conseguentemente non prenderà più a carico la comunicazione di Polizia Giudiziaria”.

Tutto chiaro, quindi? Sembrerebbe di sì: depenalizzazione delle condotte, applicazione della legge più favorevole per il trasgressore e nello stesso tempo più incisiva portata delle sanzioni.

Eppure, per qualcuno residuano ancora rischi per il cittadino, risultando difficile ritenere ragionevoli le disposizioni che sostituiscono delle sanzioni penali. Secondo alcuni giuristi, infatti,  le presunte contravvenzioni sono in realtà pene stabilite dal codice penale quando appunto venga commesso un reato, cioè quello previsto dall’art. 650 c.p., che resta vigente quando qualcuno non osserva  un ordine impartito dall’Autorità per ragioni di igiene o sanità.

Il D.L. 19, su questo aspetto, non ha derogato direttamente all’applicazione del norme penali e una interpretazione di tale portata risulta dubbia. In pratica, vi sarebbe un rischio per i trasgressori di essere puniti tanto con una sanzione amministrativa, quanto con un procedimento penale, avuto riguardo alle difficoltà interpretative in cui incorrerà la polizia giudiziaria all’atto dei controlli.



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