La telefonata anonima ha messo i carabinieri sulla strada giusta dando indicazioni precise: quella di Contrada Monaci, una zona isolata non lontana dalla statale 274 che da Gallipoli conduce a Santa Maria di Leuca. È lì, in una pineta a pochi passi dal cimitero che, dopo una lunga ricerca, i carabinieri del Nucleo investigativo guidati maggiore Paolo Nichilo e gli uomini del capitano Francesco Battaglia hanno scoperto il corpo di un uomo, ‘nascosto’ in un bidone per combustibili di colore verde, coperto da cemento e rami secchi. Un ritrovamento macabro che ha gettato un’ombra di mistero e orrore sulla ‘Città Bella’.
Al momento sono poche le certezze e gli inquirenti, vista la delicatezza del caso, hanno le bocche cucite, ma con il passare delle ore indiscrezioni e ipotesi hanno permesso di costruire un quadro un po’ più dettagliato dell’accaduto. Manca ancora la sicurezza che solo l’esame del Dna può dare, ma è probabile che il corpo martoriato rinvenuto nel fusto appartenga a Khalid Lagraidi, un venditore ambulante marocchino di 41 anni, che viveva a Lecce insieme alla sorella. Era stata proprio la donna a denunciare la sua scomparsa a giugno. Il periodo combacia con lo stato di decomposizione avanzato del cadavere. Dopo l’esame esterno dei resti, effettuata sul posto, il medico legale aveva datato la morte a "molti mesi fa". Inoltre, nell’ultima telefonata dell'uomo con la sorella sembra le abbia riferito che si stava recando proprio nella ‘Città Bella’. Potrebbe essere una casualità, ma troppi indizi combaciano.
Il passo successivo è solo una conseguenza. Dall’analisi dei tabulati telefonici, infatti, sarebbero emersi dei contatti frequenti con una delle figlie di Marco Barba, ex pentito gallipolino in carcere per avere inviato lettere minatorie con tanto di proiettili all’allora candidato sindaco, Sandro Quintana. Altra coincidenza: pare che la voce della "soffiata" sia femminile, anche se gli inquirenti non confermano.
Sulla natura dei rapporti della vittima con la donna, invece, si possono fare diverse ipotesi: tra i due potrebbe esserci stata una relazione sentimentale finita in tragedia e in questo caso il movente sarebbe passionale. Come soltanto rapporti lavorativi e quindi la morte dello straniero andrebbe inquadrata nell’ottica di un regolamento dei conti. Le modalità con cui è stato commesso l'omicidio e occultato il cadavere, in fondo, ricordano quello mafioso.
La figlia di Barba sarebbe stata ascoltata assieme alla madre Anna Casole, 47enne, come "persona informata dei fatti" e non era necessaria presenza del legale Speranza Faenza. Sarebbe stata proprio Rosalba Barba a fare la telefonata e a condurre gli investigatori sul luogo in cui si trovava il cadavere. Dunque, la figlia avrebbe riferito del coinvolgimento del padre nell'omicidio. Si presume sulla scorta delle indagini, che lei abbia partecipato nell'occultamento del cadavere.
Le indagini sono coordinate dal sostituto procuratore antimafia Alessio Coccioli.
